È simile a dei ragazzi che stanno nelle piazze e gridano a altri, dicendo: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato lamenti e non vi siete battuti il petto
Matteo 11, 16-17
Nella mia ultima lettera, scrivevo a Giovanni Sias di avere terminato di costruire i file di stampa e di copertina del libro, da lui curato, delle interviste inedite a Giuseppe Pontiggia rimaste nel cassetto per trent’anni – quel libro a cui dichiarava di tenere più di ogni altro.1 La sua estrema volontà era di saperlo certamente pubblicato, anche se forse non avrebbe avuto il piacere di tenerlo tra le mani. Stavo per inviare i file in tipografia, quando Daniela Marcheschi (a cui si deve la Prefazione) mi ha inviato una quarantina di indirizzi di articolisti che lo avrebbero recensito su quotidiani e riviste. Si poneva così la questione di chi dovesse ricevere i libri stampati e occuparsi degli invii. Date le condizioni di Sias, spettava a me il compito di soddisfare il suo estremo desiderio. La lettera con cui lo rassicuravo in tal senso non ha fatto in tempo a raggiungerlo in vita. Ma la sua risposta mi è giunta in sogno, la notte di ferragosto.
Mi trovo nella casa in cui sono nato e vengo sorpreso dallo squillo imperioso del campanello. Mentre vado ad aprire, i miei movimenti sono lenti e pesanti, mi trascino con grande sforzo verso la porta, mentre tutto il mio corpo sembra opporsi. En passant, scorgo in un letto la sagoma informe di mio padre, completamente sepolto sotto un ammasso di coperte. Quanto meno, penso, uno “straccio di padre” ce l’ho (avuto). Apro infine la porta di casa e nel buio delle scale intravvedo “l’ombra di un volto imperscrutabile nell’ombra”. Nonostante l’angoscia, non mi sveglio. Con uno sforzo penoso trovo la voce per chiedere:
– Per chi è la consegna?
– È per te, mi sento rispondere.
Nel sogno riconosco i tratti pavidi della nevrosi (se l’angoscia mi avesse svegliato, la capitolazione sarebbe stata completa), che ad ogni invocazione, ad ogni promozione di un’investitura, si aggrappa a uno straccio di padre e volentieri si schermisce: destinatario assente, si prega di ripassare. Non senza motivo: la consegna va ben al di là di un compito editoriale, per affidarmi (insieme ad altri: cuique suum), un’eredità spirituale ancora tutta da stimare, l’esito di una ricerca all’insegna del motto della Lega anseatica caro a Freud: navigare necesse est, vivere non necesse.
Il portare qualcosa (o sé stessi) da un luogo a un altro comporta sempre un azzardo, un pericolo potenziale cui si va incontro. D’altra parte, la Lega anseatica scelse il suo motto implicandovi la ragione di esistenza dei suoi commerci, delle navi e dei naviganti, nell’esortazione che Plutarco afferma essere di Gneo Pompeo ai marinai romani: «navigare necesse est, vivere non necesse», e in genere questo motto della Lega assumerà valore di verità per tutti i marittimi, dove vi è sottolineata la corrispondenza fra la vita e il navigare, ovvero che c’è davvero vita solo nello spostare se stessi e i propri beni da un luogo a un altro.
Ora, la condizione del ricercatore è quella di chi porta le idee da un luogo a un altro, e in questo spostamento rischia continuamente la propria immaginaria identità, così come il naufragio delle sue ipotesi di partenza. Si può affermare che nessun ricercatore, trovandosi nel rischio del circare, può essere il medesimo di prima della “navigazione” qualunque sia la conclusione del suo viaggio, ed è proprio in questo cammino che egli trova la sua “ragione vitale” (nel senso di José Ortega y Gasset).
Al ricercatore voglio associare anche il traduttore, che nel suo etimo contiene il senso di “testimone”.2
Per poterlo interpretare, mi sono raccontato il sogno ad alta voce. Una delle “regole auree” della Traumdeutung afferma infatti che per “sogno” dobbiamo intendere il racconto che viene narrato a un altro, cioè il suo testo. L’interpretazione psicanalitica comincia con un gesto iconoclastico (Sias lo riconduceva all’ebraismo di Freud e alla Geistigkeit) che distrugge le immagini e i simbolismi del sogno per conservarne solo la lettera. Ma l’attenzione esclusiva alla lettera rischia di trascurare la letterarietà del sogno, la presenza di quelle proprietà e di quei caratteri che lo fanno riconoscere come un fatto letterario, «narrazione, invenzione e creazione di una realtà prodotta dal linguaggio nelle sue prerogative di traduzione».3
Di conseguenza, l’interpretazione come ricerca del significato nascosto del sogno (che l’analista è supposto sapere), lascia il posto all’analisi dei modi retorici e stilistici con cui il sogno “narra, inventa e crea” una nuova realtà, completamente diversa da quella rappresentata dal linguaggio comune. Una “perlaborazione” (Durcharbeitung) comparabile al lavoro di traduzione da una lingua straniera alla lingua nativa, che ci svela le possibilità creative di quest’ultima e la continua mortificazione che le infliggiamo degradandola a mero strumento per comunicare informazioni.
Invitato a meditare sui suoi “usi linguistici”, l’analizzante ha la possibilità di potersi separare dalla abituale rappresentazione di sé in cui da sempre è prigioniero e di distaccarsi dalla «propria immaginaria identità».
«Non è nuova la psicanalisi, ma Freud», amava ripetere Sias, riprendendo una folgorante annotazione dei diari di Arthur Schnitzler. Freud è nuovo perché sovverte la tradizionale stesura del caso clinico, tipica del linguaggio medico-psichiatrico-giuridico, per sostituirla con il racconto analitico, invenzione letteraria completamente sui generis mediante cui egli ha costruito un’altra scienza rispetto a quella circoscritta dall’epistemologia.4
Il premio Goethe attribuitogli non deve ingannarci: la scrittura non sta al genio di Freud come una virtù che vi si aggiunge e lo impreziosisce, ma è il suo genio. Proprio come per Pontiggia, che nelle interviste citate parla della costruzione dei suoi romanzi e dei loro personaggi – della scrittura – come un procedere verso la scoperta di un pensiero sconosciuto all’autore e non come mera espressione di un pensiero preesistente.
Ammetto di avere resistito per molti anni alla concezione dell’analisi che il mio amico stava elaborando, e che si addentrava in luoghi dove non ritrovavo più i miei punti di riferimento stabili, benché ad alcuni avessi già rinunciato per conto mio – come al postulato (da entrambi condiviso) che la psicanalisi sia una cura, o (Realpolitik oblige) “anche” una cura; o che esista un “percorso” analitico prestabilito (verso quale obiettivo se non la finalità terapeutica della guarigione?5) – mentre altri li avevo acquisiti sperimentandoli sulla mia pelle, come la convinzione (ugualmente condivisa) che l’analisi è praticabile solo da fuorilegge.
Ma come si fa davvero a credere che una società approvi e permetta la psicanalisi? Sarebbe come dire che la città ammette un’altra legge oltre la propria. Ma dopo che Sofocle ha rappresentato con l’Antigone l’avvento della legge della città e che accanto a essa non può sussistere nessun’altra legge, fosse pure quella divina o quella arcaica dei legami primordiali e ancestrali, come pensare che la città ammetta un’altra legge come quella del desiderio? […] Wilfred Bion sapeva bene che cosa stava dicendo quando affermava che la società non avrebbe mai permesso la pratica della psicanalisi.6
D’altronde, entrambi sapevamo bene che il modo più astuto ed efficace di non permettere la psicanalisi è proprio di…permetterla (giuridicamente), conferendo agli psicanalisti il loro agognato posto in società in qualità di esperti e specialisti del “mercato delle relazioni di aiuto”. È proprio il caso di dire, con Theodor W. Adorno, che «la prospettiva di futuri vantaggi è il nemico mortale della formazione di rapporti veramente umani».7
Ci siamo ormai da tempo consegnati in ostaggio della teologia della competenza, per cui non esiste aspetto delle relazioni umane che non debba essere affidato a un controllo di esperti che hanno il compito – politico: lo sappiano o no – di disabilitare la gente, impedendole di prendere decisioni e iniziative per proprio conto (o di coltivare dubbi e indecisioni). L’Ordine professionale non è più semplicemente un’istituzione di diritto pubblico che autorizza coloro che ne hanno titolo a risolvere sedicenti “problemi”, ma ha imposto una dipendenza quasi “naturale” tra l’individuo disabilitato di ogni competenza e l’inderogabile ricorso all’esperto che fornisce le “soluzioni”.
Il culmine è raggiunto quando la gente non è più semplicemente indotta a rivolgersi all’esperto di turno, potendo ancora scegliere di non farlo; il diritto tende infatti sempre più a disabilitare per legge tutte le competenze individuali e a rendere cogente la domanda al professionista abilitato8 sotto il pretesto della “tutela dell’utenza”.9 Una situazione che ormai riguarda perfino il giudice, che nulla osa più decidere senza la perizia dell’esperto. Così il colloquio, da civil conversazione è diventato un atto medico, senza che nessuno – tranne un Sias – abbia osato indignarsi.10 Lo stesso vale per tutti quegli “atti psichici” che da sempre sono di competenza di ciascuno – come “i comportamenti mirati alla promozione e mantenimento di stati di benessere psichico”, il “sostegno psicologico”, il “prestare consiglio”, l’interpretazione dei sogni, dei sintomi, ecc. –, che sono stati pervertiti in “atti tipici” della professione di psicologo-psicoterapeuta e possono dunque essere “somministrati” solo da chi è abilitato per legge.11
Per oltre vent’anni, fin dal suo primo libro, Inventario di psicanalisi,12 Sias ha condotto una lotta senza quartiere contro la professionalizzazione degli psicanalisti, «l’ultima maschera assunta dalla resistenza alla psicanalisi, e la più pericolosa di tutte».13
Il suo originale contributo alla Laienanalyse è consistito tra l’altro nel denunciare la miseria linguistica a cui il bavaglio professionale ha ridotto gli analisti.
Professionalizzandosi, l’analista rinuncia alla propria enunciazione, in cui risiede la sua singolarità, per conformarsi a tutti quegli enunciati che ci si aspettano da un “gestore della pubblica salute”. Diventa allora un’impresa disperata indovinare un qualsiasi nesso tra un analista che parla di “valutare l’opportuna indicazione terapeutica per il paziente”, e quella dimensione del tragico che ne costituisce l’orizzonte, e che lo contraddistingue come tale proprio in virtù di una parola svincolata dal conformismo linguistico.
Ecco perché se le testimonianze di affetto e stima di quegli analisti che hanno voluto rendere omaggio a Sias sono state sincere e commoventi, non per questo stiamo piangendo la scomparsa di un “nostro collega”: ciò che collega uno psicanalista a un altro non è (già) dato formalmente nella condivisione di una stessa professione, ma è quello che ciascuno deve scoprire (leggendo le sue opere, per esempio).
Lo stesso vale per l’appellativo di “psicanalista sui generis”: in quale “genere” può essere situato un analista se non il suo, quello in cui nessun altro analista potrà mai rientrare?
Ma ritorno ora alla mia domanda: potevo ancora continuare a chiamare “psicanalisi” ciò che Sias teorizzava e praticava?
Due cose oggi mi sono evidenti:
1) senza accorgermene, ero caduto nel pregiudizio di sempre, sospettando il mio amico di sconfinare nella letteratura e contestandogli l’assenza di una chiara dimensione “clinica” (paradossalmente, dato che io stesso avevo rinunciato all’idea che l’analisi è una “cura”);
2) si trattava di una falsa questione, più esattamente di una mia difesa, e precisamente di una difesa del mio epigonismo.
Infatti, o per “psicanalisi” s’intende il rispetto del dettato di un maestro, che ci trasforma in allievi ed epigoni, oppure – come ha osservato in extremis Jacques Lacan14 –, la psicanalisi non può essere trasmessa ma solo reinventata da ciascun analista a partire dal nodo tra pratica e ricerca. Se tra i lacaniani quella che in fin dei conti è una constatazione è diventata una specie di spot, Sias l’ha realmente assunta come l’habitus della sua vita.
Un giorno, dopo aver notato l’insistenza nel discorso di un analizzante della parola “insulso”, che spiccava ogni volta per la sua incongruità rispetto al contesto della frase, mi sono deciso a domandargliene il significato; ho appreso allora che non sapeva cosa volesse dire. Ma il fatto più importante furono il suo imbarazzo e la sua vergogna nel tentare di rispondermi (o meglio, di non rispondermi): non perché ignorava il significato di quella parola, ma perché credeva di essere stato smascherato nel pronunciare una parola oscena. La parola apparteneva a quello speciale genere di parole che vengono continuamente ripetute in famiglia come dei “tic”, e che si stampano indelebilmente – non di rado storpiate – nell’orecchio del bambino. Si tratta di puri significanti senza significato in cui si rintanano i fantasmi incestuosi.
Mentre io intendevo “insulso”, e facevo congetture e associazioni del tipo: “insipido”, “sciocco”, “insulto”, “insoluto” ecc., lui stava proclamandosi uno “sporcaccione”. Per la prima volta, con la mia domanda era stato sorpreso in flagrante delicto e messo nella condizione di interrogarsi su quella parola, così da potersi separare dal godimento che gli (e si) procurava, a sua insaputa, da cinque decenni.
Quella è stata, anche per me, la prima volta che ho compreso l’uso (uno degli usi possibili) che potevo fare della elaborazione di Sias. Senza conoscere il suo lavoro non mi sarei mai permesso di interrompere il discorso di un analizzante “in pieno transfert” – rischiando, col mio gesto invasivo, di acuirne il versante di “resistenza” – per domandargli a bruciapelo se conoscesse il significato di una determinata parola, ma avrei piuttosto assecondato il flusso delle sue associazioni.
Ma si può andare oltre. La straordinaria opportunità dell’analizzante di confrontarsi con la sua lingua – o addirittura con “lalangue”15 – a cui un’analisi lo introduce (a condizione che l’analista si sia liberato dall’idea di dover «curare presunte patologie»), definisce l’analisi stessa come una ricerca tesa a ri-costruire il suo rapporto con le «cose del mondo» e, al di là di esse, con das Ding, la Cosa freudiana.
Ricerca tragica (nel senso del teatro greco antico) che gravita intorno alla realtà della castrazione, che non è né un fantasma né un concetto, ma una realtà psichica: die Reälitat der Kastration, al punto che il qualificativo di “simbolica” – come osserva Sias nel suo ultimo lavoro ancora inedito16 – rischia di misconoscerla. L’autore vi insiste fin dall’epigrafe, una citazione di Pessoa che mostra bene quanto egli si fosse da tempo iniziato, e fino al suo ultimo istante di vita, alla “sapienza” di quella Reälitat di cui nulla vogliamo sapere: Sento che niente sono, se non l’ombra di un volto imperscrutabile nell’ombra: e per assenza esisto, come il vuoto.
L’effetto siderale che una simile citazione può indurre deve farci riflettere: la proverbiale “squisita persona sempre sorridente” che tutti ricordano, sorrideva proprio con quella citazione sulle labbra.
Una proposta
Nel 2014 Giovanni Sias ha scritto un “Epilogo” alla lunga, ventennale ricerca sulle ragioni che hanno portato gli psicanalisti a «cedere sul loro desiderio». I testi di questa lunga elaborazione critica (rivisti e modificati), insieme ad altri inediti saranno raccolti in un libro postumo, a cui pensava già da qualche anno, che era in procinto di completare (non gli restava che mettere a punto la bibliografia): Lettere sulla psicanalisi.
Rimane però, per chi lo stimava e amava, un compito: quello di delineare la ricerca che aveva intrapreso “oltre” la Laienanalyse: il suo “progetto per la psicanalisi”, e – come ci teneva a precisare – per una «psicanalisi di lingua italiana».
La mia proposta, dunque, completamente estranea a ogni intento commemorativo, è di formare un gruppo di lavoro con gli amici che vorranno aderirvi, per cercare di delineare, riprendere e rilanciare tale progetto (o alcune delle sue parti, o le ramificazioni che si congiungono con la propria ricerca), e soprattutto per scoprire se possiamo e vogliamo farlo nostro.
Questa proposta dovrebbe dotarsi di un’organizzazione di base, di una segreteria che raccoglie e informa di lavori e iniziative di chi vi aderisce, di un sito-archivio che mette a disposizione materiali editi e inediti (posso occuparmene volentieri), di qualcuno che possa avere accesso ai computer di Sias; un gruppo di amici-studiosi che può appoggiarsi sulla casa editrice Polimnia Digital Editions, di cui Sias era socio e redattore.
La proposta potrebbe essere finalizzata a un (primo) incontro entro un anno, una giornata ospiti a casa di qualcuno, secondo l’idea di convivialità cara a Ivan Illich. Gli interventi, una volta trascritti (ed eventualmente tradotti), potrebbero essere pubblicati in uno o più Quaderni.
Chi volesse aderire a questa proposta può intanto scrivere a: info@polimniadigitaleditions.com
Penso che il passo iniziale per aprire il cammino sia la redazione di una bibliografia di cui fornisco qui un primo inventario, il più completo che mi è stato possibile.
Bibliografia di Giovanni Sias
A) Libri
1997 – Inventario di psicoanalisi, Bollati-Boringhieri, Torino [prossima ristampa in formato ebook per i tipi di Polimnia Digital Editions];
2008 – Fuga a cinque voci. L’anima della psicanalisi e la formazione degli psicanalisti, Antigone, Torino;
2011 – Appunti per una nuova epistemologia. La psicanalisi, la scienza, la verità, Zona Franca, Lucca;
2016 – La follia ritrovata. Senso e realtà dell’esperienza psicanalitica, Alpes, Roma [Intervista di D. Fasoli a G. Sias];
2017 – Alle sorgenti dell’anima. Il ritorno della sapienza antica nell’esperienza della psicanalisi, Polimnia Digital Editions, Sacile, (anteprima);
2018 – Dal libro al divano. Autobiografia di una psicoanalisi. Saggio-conversazione di Doriano Fasoli con Giovanni Sias, Prefazione di Adone Brandalise, Alpes, Roma;
2018 – La psicanalisi oltre il Novecento, i «Quaderni di Polimnia», n. I, Polimnia Digital Editions, Sacile 2018;
2019 – La psicanalisi oltre ogni Weltanschauung. La letteratura come frontiera della scienza, Polimnia Digital Editions, Sacile, (anteprima);
B) Articoli, saggi, interventi, lettere, relativi a seminari e convegni o pubblicati su libri collettivi, periodici, riviste, siti internet
1990 – “L’artista e la follia”, in AA.VV., Arte come evocazione, a cura di Miriam Cristaldi, L’Uovo di Struzzo, Torino;
1997 – “Lo specchio opaco (su), Vite di uomini non illustri di Giuseppe Pontiggia”, «Quaderno autori & scrittura», n. 1;
1998 – “Clinica del ritratto”, in AA.VV., Ritratto della poesia, a cura di Ezio Raimondi, «Quaderni del Circolo degli Artisti di Faenza»;
– “Microcosmo”, «La Clessidra», n. 2;
1999 – “Tradurre”, «Quaderno autori & scrittura», n. 3;
2000 – “I contemporanei del futuro, intorno al libro di Giuseppe Pontiggia”, «La Clessidra», n. 1;
– “Les résistances à l’hystérie”, in AA.VV., L’hystérie aujourd’hui, Atti del V congresso, Marsiglia, Fondation Européenne pour la Psychanalyse;
2001 – “Nel nome del padre”, «Bibbia e Oriente. Rivista internazionale per la conoscenza della Bibbia», anno XLIII, n. 4;
– “Digressione dal Mosè di Freud”, intervento al seminario di Nodi freudiani del 2 aprile [pubblicazione imminente su www.lacan-con-freud.it];
2002 – “Seules les femmes et la poésie nous sauveront”, in «Sud/Nord folies & cultures», n. 16;
– “La funzione e il valore dell’interpretante”, in AA.VV., Psicanalisi e Cultura oggi, Atti del convegno della Fondation Européenne pour la Psychanalyse (edizione bilingue italiana-francese, a cura di Luigi Burzotta), Mazara del Vallo 2001, La Cosa freudiana, Roma;
2003 – “Psicanalisti senza divano”, in AA.VV., Il legame sociale tra psicanalisti, Atti della giornata di studi, Palazzo delle Stelline, Milano, 2 febbraio, a cura di Maria Vittoria Lodovichi e Antonello Sciacchitano, ETS, Pisa;
– “Agli psicanalisti francesi”, [vedi Lettere sulla psicanalisi];
2004 – “Lettre aux psychanalystes français”, trad. in francese di G. Verdiani, in «Che vuoi ?», 2004/N. 22, pp. 203-212;
2005 – “La sciagurata vittoria del gatto, della volpe e di un oste infingardo. Ovvero la tristezza dell’umanità”, in AA.VV., A literatura e as arte em torno de Criança, a cura di L. Marino Antunes, ed. Università di Madeira;
2006 – “La fiction et la valeur de l’interprétant”, «Les Carnets de Psychanalys», n. 18;
– AA.VV., Œdipe à Vénise. Conversations, Editions Elema, Paris;
– “Edipo indistruttibile”, in AA.VV., Il disordine della famiglia, a cura di Giuliana Bertelloni, Simone Berti, Pier Giorgio Curti, ETS, Pisa;
– “L’ultimo insegnamento di Luis Esmeraldo”;
2007 – “Lire n’est pas savoir”, in Œdipe à Istanbul, Atti del convegno, Éditions des crépuscules, Paris [vedi Lettere sulla psicanalisi];
2008 – Lettera agli psicanalisti dell’Aria Mediterranea) [vedi Lettere sulla psicanalisi];
2009 – “Il motto di spirito nei suoi rapporti con la verità”, in AA.VV., L’Umorismo in prospettiva interculturale. Immagini, aspetti e linguaggi / Crosscultural Humour: Images, Aspects, and Languages, atti del II Convegno Internazionale di Studi sull’Umorismo Lucca-Collodi, a cura di Omar Coloru e Giuseppe Minunno, Atelier65, Parma 2014;
– “LOGOS. Il ritorno della sapienza antica nell’esperienza della psicoanalisi” «Kamen’» n. 34, gennaio 2009, pp. 91-131, ripubblicato con correzioni, modifiche e aggiunte in Alle sorgenti dell’anima. Il ritorno della sapienza antica nell’esperienza della psicanalisi, Polimnia Digital Editions, Sacile 2017;
2011 – “Quale legge per lo psicanalista?” [vedi Lettere sulla psicanalisi];
– “Situazione della psicanalisi (con particolare riferimento all’Italia)” [vedi Lettere sulla psicanalisi];
– “Risposta a Antonello Sciacchitano”;
2012 – “Ritrovare la follia”, in «Rapsodia. Rete di psicanalisi, arte, vocalità», a cura di Laura Pigozzi;
– “Tu es mon maître”, in Moreno Manghi, Giovanni Sias, Alain Didier-Weill, De magistro. Rapsodia a tre voci;
2013 – “Lo psicanalista! (Volendo rimetterlo finalmente in questione)” [vedi Lettere sulla psicanalisi];
– “DAVAR. Il ritorno della sapienza antica nell’esperienza della psicanalisi”, «Enthymema», IX 2013, pp. 334-369, ripubblicato con correzioni, modifiche e aggiunte in Alle sorgenti dell’anima. Il ritorno della sapienza antica nell’esperienza della psicanalisi, Polimnia Digital Editions, Sacile 2017;
2014 – “Epilogo”, in AA.VV., Professione psicanalisi. La psicanalisi in Italia e il pasticcio giuridico sulle psicoterapie, a cura di Ettore Perrella, Prefazione di Luciana La Stella, Aracne editrice, Ariccia (RM), pp. 187-194 [vedi Lettere sulla psicanalisi];
2015 – “La psicanalisi dopo José Ortega y Gasset”, «Studi Ispanici», Anno 40, 2015, pp. 147-176. [pubblicazione imminente sul sito: www.lacan-con-freud.it];
2016 – Scritti per «The LivingStone», il blog letterario di Polimnia Digital Editions: “Per salutarti (in morte di Vittorio Sermonti)”; “Percorsi di un lettore. Dal libro Acheminement di Gérard Albisson”; “Ritrovare Europa”;
– “Ologramma” [vedi Lettere sulla psicanalisi];
2017 – “Proposta per la costituzione di un Istituto Europeo per la psicanalisi”, in Jaques Nassif, Franco Quesito, Giovanni Sias, Prospettive attuali della formazione degli psicanalisti. Proposte di dibattito per la costituzione di un Centro di Ricerche sulle formazioni dello psicanalista in Europa, pp. 7-21, Polimnia Digital Editions, Sacile;
– “Oltre l’inganno della verosimiglianza”, recensione al libro di Franco Quesito, Da Lacan in Italia a SpazioZero (Polimnia Digital Editions, Sacile 2017) [vedi Lettere sulla psicanalisi];
2019 – “Fin de la psychanalyse?”, articolo pubblicato nel n. 1218 (16 luglio 2019) di «Quinzaines», [vedi Lettere sulla psicanalisi];
C) Libri tradotti in altre lingue
2001 – Cinq propos sur la psychanalyse, trad. di Danièle Faugeras e Patrick Faugeras édition Erès, Toulouse;
2013 – Aux source de l’âme. Le retour de l’ancienne sagesse dans l’expérience de la psychanalyse, trad. di Laura Cecotti-Stievenard, Éditions des crépuscules, Paris;
2017 – “Avant-projet pour la constitution d’un Institut Europeén pour la psychanalyse”, in Jaques Nassif, Franco Quesito, Giovanni Sias, Perspectives actuelles de la formation des psychanalystes, Polimnia Digital Editions, Sacile, trad. di J. Nassif;
2018 – Aux sources de l’âme. Le retour de la sagesse antique dans l’expérience de la psychanalyse. [Logos e Davar]. Trad. di Laura Cecotti-Stievenard, revisione di Gérard Albisson, Polimnia Digital Editions, Sacile;
– El psicoanálisis más allá del Novecientos, in «Los Cuadernos de Polimnia», I, trad. di Salvatore Pace;
– La psychanalyse au-delà du XXe siècle, in «Les Carnets de Polimnia», I, trad. di Laura Cecotti-Stievenard, revisione di Jacques Nassif;
D) Traduzioni
2006 – Laurent Cohen, L’uomo termometro, Bollati Boringhieri, Torino;
– Bernanrd Lechevalier, Il cervello di Mozart, Bollati Boringhieri, Torino;
2012 – Daniel Cohn-Bendit, Guy Verhofstadt, Per l’Europa. Manifesto per una rivoluzione unitaria, Mondadori, Milano;
2014 – Gianfranco Ravasi, Luc Ferry, Il cardinale e il filosofo. Dialogo su fede e ragione, Mondadori, Milano;
2016 – Daniel Bonetti, L’albero sfogliato e altri brindilli, Polimnia Digital Editions, Sacile, (anteprima);
2017 – Gérard Albisson, Con i libri in cammino, Polimnia Digital Editions, Sacile, (anteprima);
– Jacques Nassif, Per una clinica dello psicanalista, Prefazione di Pierre Eyguesier, Polimnia Digital Editions, Sacile, (anteprima);
E) Libri curati
2016 – Daniel Bonetti, Chemins d’écriture, a cura di G. Sias, Polimnia Digital Editions, Sacile, anteprima;
2020 – Giuseppe Pontiggia, Dialoghi sul romanzo, la psicanalisi, la scrittura e altro, a cura di Giovanni Sias, Polimnia Digital Editions, Sacile, (anteprima);
F) In corso di pubblicazione
2020 – La psicanalisi è necessaria, non la vita. La psicanalisi al rischio della ricerca, Polimnia Digital Editions, Sacile [trad. in spagnolo a cura di Salvatore Pace];
G) In preparazione
– Inventario di psicanalisi [ristampa, riveduta e corretta, in formato ebook per i tipi di Polimnia Digital Editions];
– Lettere sulla psicanalisi, Polimnia Digital Editions, Sacile.
Note
1 G. Pontiggia, Dialoghi sul romanzo, la psicanalisi, la scrittura e altro, a cura di Giovanni Sias, Polimnia Digital Editions, Sacile 2020.
2 Cito dall’ultimo lavoro, ancora inedito, che Sias mi ha consegnato: Navigare è necessario, vivere non è necessario. La psicanalisi al rischio della ricerca – così l’ho intitolato (il motto ritorna in numerosi suoi testi) – di imminente pubblicazione per i tipi di Polimnia Digital Editions e tradotto in spagnolo per cura di Salvatore Pace, a cui devo l’appellativo di “amico infinito” che riservava a Sias.
3 G. Sias, Alle sorgenti dell’anima. Il ritorno della sapienza antica nell’esperienza della psicanalisi, p. 9 del formato PDF, corsivi dell’autore, Polimnia Digital Editions, Sacile 2017.
4 Fin dalla sua comparsa, il racconto analitico fu sbeffeggiato dagli ambienti scientifici del tempo proprio perché ritenuto mera “letteratura”.
5 Ecco la risposta di Serge Leclaire, ritenuto unanimemente un “grande clinico”, a chi gli chiedeva quali fossero i risultati cui perviene una “cura psicanalitica”; citando il caso di un suo analizzante che aveva appena terminato il suo “percorso d’analisi”, osservò con impareggiabile ironia: – «È un po’ più angosciato di prima».
6 G. Sias, Epilogo. Prossimamente ripubblicato in Lettere sulla psicanalisi, Polimnia Digital Editions. Sias è stato tra i pochissimi psicanalisti a rifiutarsi di aderire alla legge Ossicini, pur avendo i titoli per convertirsi alla psicoterapia e pur sollecitato – per non dire corteggiato – in tal senso dall’Ordine degli psicologi del Piemonte. La motivazione da lui addotta di questo rifiuto (con tutte le conseguenze giuridiche e economiche che comportava) è al tempo stesso sorprendente e l’unica possibile: a nessun costo avrebbe potuto privarsi del suo erotismo.
7 T. W. Adorno, Minima moralia, Einaudi, Torino 1954, p. 23.
8 In questa prospettiva di disabilitazione generale rientra la sempre maggiore complessità e complicazione degli oggetti prodotti dalla tecnologia su scala industriale (oggetti di cui per lo più non abbiamo alcun bisogno se non in una “realtà virtuale” di bisogni indotti), che produce a sua volta uno specialismo sempre più diffuso e capillare.
9 Potrebbe cominciare da qui un’analisi sulla vera funzione dei servizi sociali.
10 Cfr. G. Sias, «Quale legge per lo psicanalista?», ripubblicato prossimamente in Lettere sulla psicanalisi, cit.
11 Non ci sono, né possono esserci in alcun modo, degli atti psichici riservati per legge a una categoria professionale come suoi “atti tipici”. Tali atti – come quelli summenzionati – sono (e sono sempre stati) “tipici” di tutti.
12 Boringhieri, Torino 1997; tradotto anche in francese col titolo Cinq propos sur la psychanalyse, édition Erès, Toulouse 2001.
13 S. Freud, Lettera a Sandor Ferenczi del 27 aprile 1929, citata nell’Avvertenza editoriale a S. Freud, Il problema dell’analisi condotta da non medici (1926), in Opere, Boringhieri, Torino 1978, vol. 10, p. 348. La traduzione di Musatti censura la parola ärztlich: «Die letzte Maske des Widerstands gegen die Analyse, die ärztlich-professionelle, ist die für die Zukunft gefährlichste» [«L’ultima maschera della resistenza all’analisi, quella medico-professionale (ärztlich-professionelle), sarà in futuro la più pericolosa»].
14 J. Lacan, Intervento conclusivo al 9° Congresso dell’École Freudienne de Paris su “La trasmissione”, pubblicato nelle «Lettres de l’École», 1979, n° 25, vol. II, pp. 219-220. Tr. per mia cura col titolo «La psicanalisi è intrasmissibile».
15 Nell’esempio appena riferito, il lemma “insulso” appartiene, da un lato, alla lingua italiana, e dall’altro a un’“alingua” priva di senso perché innestata direttamente nei sensi del soggetto, nel suo corpo pulsionale.
16 Cfr. la nota 2.