Scientificamente parlando
I due saggi di Freud, qui proposti in una traduzione meno parafrasata dell’ufficiale, sono simili e diversi. Sono simili per l’argomento trattato, il masochismo; sono diversi per il modo di trattarlo. Si batte un bambino (1919) è più clinico, ma anche meno ben definito; Il problema economico del masochismo (1924) è più astratto, ma anche più rigoroso. Uno è la premessa empirica, l’altro il suo sviluppo teorico. Perciò mi sembra naturale presentarli insieme, con alcune indicazioni di lettura sul comune contesto.
Supponendo noti i principi fondamentali della dottrina freudiana – l’Edipo, la castrazione, la metapsicologia delle pulsioni sessuali e di morte – prendo spunto da questi due saggi per uscire da certe ristrettezze teoriche del freudismo, che Freud intravvide senza tuttavia superarle. Svolgo il discorso all’insegna della moderna scientificità. Spero che interessi anche chi non abbia una pratica scientifica, ma si limiti ad applicare una tecnica professionale, nel caso terapeutica.
Lo dico senza polemiche, per il fondato timore di passare per antifreudiano. “Maltratti Freud”, mi dicono certi colleghi, preoccupati per l’ortodossia. No, tratto male il freudismo, perché sono freudiano e non freudista. Mi limito a dire che la dottrina freudiana non è scientifica, riconoscendo a Freud un gigantesco sforzo scientifico non andato a buon fine. La dottrina freudiana non è a livello dell’omeopatia, come sostenne l’epistemologo Mario Bunge, ma non è neppure scientifica nel senso moderno, galileiano, del termine. La “scienza” freudiana è antica, addirittura aristotelica. La metapsicologia di Freud è lo scire per causas dello Stagirita.1 Per ogni effetto psichico Freud presuppone una causa.2 Le cause psichiche freudiane sono le pulsioni, die Triebe, rappresentate come forze psichiche costanti,3 localizzate al confine tra psichico e somatico.4
Aristotele domina il freudismo con la tetrapartizione delle cause, proposta nella sua Fisica. Ne risulta una metapsicologia non proprio “fisica”. Le pulsioni sessuali, che dovrebbero produrre la soddisfazione sessuale, funzionano da cause efficienti. Le pulsioni di morte – al plurale nel saggio sul masochismo –, operano da cause finali, essendo le forze che mirano a mantenere al più basso livello possibile l’eccitazione psichica, prossimo allo stato inorganico. Le cause materiali corrispondono alle rappresentazioni psichiche; sono i significanti di Lacan, che rappresentano il soggetto per un altro significante. Le cause formali sono le regole di condensazione e spostamento – di metafora e metonimia, ancora secondo Lacan – che formano la sintassi del processo inconscio primario, esposta magistralmente da Freud nell’Interpretazione dei sogni (cap. VII). Insomma, intitolando École de la cause freudienne una delle loro associazioni psicanalitiche, i francesi hanno individuato il punto forte (debole) dell’aristotelismo freudiano: l’eziologia.
Come se non bastasse, Freud blindò il proprio sistema eziologico nel vitalismo, all’epoca dominante nella filosofia di Bergson, suo contemporaneo. La parola “vita psichica” (Seelenleben) ricorre ogni venti pagine delle settemila che compongono le Sigmund Freud gesammelte Werke. Con la sua premessa ontologica, per cui l’essere è e il non essere non è, il vitalismo colloca il freudismo fra i sistemi filosofici del Novecento; ne parlano le ultime pagine dei manuali di storia della filosofia su cui hanno sudato i miei figli. Dal Novecento Freud regredì all’ilozoismo presocratico adottando il sistema di pensiero di Empedocle. Curioso il destino di un pensiero profondamento ippocratico di Freud, se si pensa all’antipatia che Ippocrate nutrì per il pensatore di Akragas.5
Nonostante tutto, il freudismo funziona. Dove e come?
Funziona a livello del soggetto individuale, di cui tuttavia trascura il radicamento nel soggetto collettivo.6 Funziona interpretando i suoi fallimenti, cioè là dove il soggetto vien meno o, come si dice tecnicamente, va in afanisi: nei sogni, nei lapsus, nei sintomi nevrotici, negli amori e negli odi. Lì il freudismo funziona da “scienza” indiziaria;7 “racconta” la verità del soggetto sfruttando dettagli apparentemente insignificanti della sua vita quotidiana. In teoria non c’è nulla da cambiare nel freudismo. Ha una sua coerenza, che le scissioni del movimento psicanalitico non hanno compromesso, anzi esaltato.
Allora?
Allora c’è un punto del freudismo che a me fa problema ed è proprio l’inconscio. L’inconscio, inteso come sistema epistemico, formato da un sapere che non si sa di sapere, stona nella bardatura ontologica in cui Freud l’ha imbavagliato. Secondo la metafora evangelica, l’inconscio è vino nuovo versato negli otri vecchi del principio di ragion sufficiente. Ci sono ragioni che il conscio non vuole sentire; allora l’inconscio le ripete per dire il proprio disagio, perché “la voce dell’intelletto è sommessa ma non si dà pace, finché non ha trovato ascolto”.8
Personalmente, forse per il mio imprinting scientifico di tipo matematico-statistico, vedo qualche ragione per tentare di trasferire il freudismo dall’assetto aristotelico a quello galileiano. Forse è un proposito impossibile, ma sento la voce della simmetria che convoca il meccanicismo. Dirò qualcosa del transfert dal vitalismo al meccanicismo, ascoltando quella voce e traducendo a modo mio il suo messaggio. A chi mi legge raccomando la pazienza di lasciar “strillare i beoti” umanistici9 che temono la preclusione del soggetto a opera dell’intelligenza meccanica.
La simmetria
Gli antichi greci non ebbero il nostro concetto di simmetria, intesa come operazione (anche in senso algebrico) reversibile, che fa passare da una configurazione a una diversa ma equivalente e viceversa. Per loro summetros era una grandezza che aveva un’unità di misura, noi diremmo razionale. Non avevano il concetto di reversibilità, perché per loro il moto non era un fenomeno meccanico, con andata e ritorno, ma un fenomeno antropomorfo, con un agente che dava il via al moto e una meta dove il mobile arrivava e stanco si riposava. Senza moto meccanico non si può concepire la meccanica. La meccanica di Archimede, infatti, non era dinamica ma statica. Usava sì la simmetria, ma senza movimento. La leva archimedea è in equilibrio, cioè sta ferma, se a bracci uguali sono appesi pesi uguali.10 Per arrivare alla dinamica, come sostenne Ernst Mach,11 bisognava aspettare, 1800 anni dopo Archimede, che Galilei intuisse le leggi di un moto altamente simmetrico, quello del pendolo, che pure Aristotele ignorò negli otto libri della Fisica,12 la sua vera Metafisica. Il moto simmetrico si realizza anche nell’accoppiamento di due ruote dentate, immagine popolare del meccanismo a orologeria: una ruota gira in un senso, l’altra in senso opposto; il ruotismo è una simmetria come tra numeri positivi e numeri negativi rispetto allo zero. Il moto pendolare stesso è un ruotismo, corrispondendo a una funzione periodica come il seno o il coseno. Freud sfiorò l’argomento pendolare registrando il gioco del Fort-da di suo nipote, ma non disponeva dell’algebra adeguata per analizzarlo.
Cosa fu tanto difficile da pensare per gli antichi e per chi li ripete?
Sì, proprio l’esistenza di un moto senza motore, cioè senza causa. Il principio di inerzia galileiano13 stabilisce, infatti, che in assenza di forze il mobile continui il proprio moto a velocità costante per intensità, direzione e verso. L’idea di un moto senza causa era letteralmente inconcepibile per l’antichità classica, come pure l’idea di un evento puramente casuale.14 L’assetto eziologico, per cui ogni effetto ha una causa, decade nella scienza galileiana, dove si fa scienza con modelli.
Cos’è un modello?
I modelli sono costrutti teorici congetturali, semplificati rispetto alla complessità del reale, costituiti da componenti elementari tra i quali si suppongono delle interazioni, cioè delle azioni e reazioni. Scrisse Newton nel II Libro dei Principi di filosofia naturale (1687): “L’azione è sempre uguale e contraria alla reazione, cioè le mutue azioni di due corpi sono sempre uguali e dirette in senso opposto”.15 In altri termini, un modello è regolato da simmetrie, che possono essere globali o locali.16 Se con il suo comportamento il modello approssima17 la realtà, si conserva, altrimenti si cestina senza rimpianti. Nella scienza galileiana non ci sono verità eterne – ontologiche – da raccontare ai bambini nei secoli. Ce n’è fu abbastanza per condannare Galilei all’esilio. L’ontologia va salvata a tutti i costi, per ordine del potere, che stabilisce la verità di ciò che è e la falsità di ciò che non è. L’epistemologia di Cartesio, per cui il sapere (collettivo) precede l’essere (individuale), stenta tuttora a prendere piede, perché quel piede potrebbe dare una pedata al potere, mandando all’aria le verità della sua ontologia.
Tutto ciò come c’entra con Freud? Dove Freud parla di simmetria? È vero, ne parla poco, in pratica solo nel Mosè di Michelangelo, a proposito della postura della statua. La mia ipotesi di lettura dei saggi qui ritradotti è che in essi Freud parli in sostanza di simmetria soggettiva: la simmetria tra l’io e l’altro come si realizza nel sadismo e nel masochismo, nel battere e nell’essere battuto, nell’attività e nella passività.18
Il punto è critico, tanto quanto è potenzialmente scientifico. Tra l’io e l’altro è difficile che si stabilisca un rapporto simmetrico alla pari. O l’io prevale sull’altro, allora l’io costruisce deliri di grandezza e onnipotenza, o l’altro prevale sull’io, che costruisce deliri di inferiorità e di persecuzione. Insomma, non c’è scampo; per simmetria si può oscillare, come il pendolo di Galilei, solo tra questi due poli: o l’autismo (l’altro non esiste) o il masochismo (l’altro esiste troppo e mi fa del male). L’economia soggettiva da Freud abbozzata in questi due saggi merita di essere sviluppata.
Il mio personale punto di vista mira a colmare una lacuna freudiana: quella del soggetto collettivo. Il mio approccio cartesiano a Freud è mutuato in gran parte da Lacan, che cita Cartesio in ogni seminario dal 1954 al 1977. Attraverso il cogito di Cartesio riconosco nel collettivo il luogo del sapere da cui il soggetto trae il proprio essere. Sei quel che sai, come afferma anche Baltasar Gracián, perché prima di te lo sa l’altro e questo anche tu lo sai. Il sapere dell’altro è la radice inconscia del tuo sapere. Il masochismo è la risposta del “mio” io al sapere dell’altro, che sa veramente come farmi soffrire.
Ma è solo un primo abbozzo da sviluppare, rileggendo Freud in modo non scolastico, al di là dei suoi stessi arzigogoli edipici e metapsicologici. Propongo di riconoscere che, al di là della sua indubitabile realtà clinica, l’Edipo fu anche il sintomo patognomonico di Freud. Non lo dico per spirito polemico ma per sincera compassione, la pietas latina, del “caso Freud”. Il medico di Vienna, che riteneva di dover morire a 67 anni, scrisse Il problema economico del masochismo nell’autunno del 1923, subito dopo essersi fatto massacrare la bocca – der Mund di Sigmund – per un supposto tumore maligno, molto probabilmente un banale papilloma.19 Il saggio sull’economia libidica del masochismo è il vero autoritratto di Freud masochista. Soffriva, negandolo, di masochismo morale, obbligando sadicamente i suoi allievi a soffrire con lui, a ingannarsi e a ingannarlo. Ma il problema economico del masochismo collettivo resta un punto chiave mai analizzato dal creatore della psicanalisi e dai successivi maestri, che ne hanno preso il posto. Lì si cela qualcosa di inquietante (unheimlich), di potenzialmente eretico, da cui le stesse associazioni psicanalitiche prendono le distanze, temendo che possa compromettere l’assetto del collettivo di scuola. Allora il freudismo si asserraglia in territorio prescientifico, al riparo da possibili confutazioni, il più lontano possibile da Galilei. Il risultato, per dirla con Ludwik Fleck, è uno “stile di pensiero” dogmatico,20 tradizionalista, senza prospettive di innovazione. Il masochismo morale, quando rinuncia all’autonomia di pensiero, è immorale.
Note
1 “Diciamo di conoscere una cosa solo se possediamo la conoscenza delle cause prime e dei principi primi, fino agli elementi semplici”. Aristotele, Fisica, Libro I, 184 a 10. A Freud Aristotele giunse via Ippocrate. In biblioteca Freud aveva solo la Poetica di Aristotele, da cui trasse il concetto di catarsi. Aggiungo che in biblioteca Freud non aveva neppure le opere di Galilei.
2 Freud fu animato da un “imperativo bisogno di causalità” (ein gebieterisches Kausalbedürfnis). Cfr. S. Freud, Der Mann Moses und die monoteistische Religion (1938), trad. it. L’uomo Mosè e la religione monoteista, in Opere di Sigmund Freud, vol. XI, Bollati Boringhieri, Torino 1979, p. 426.
3 Già qui si ha un dato non scientifico. In biologia non esistono forze costanti ma solo variabili. Freud non ebbe dimestichezza con la variabilità.
4 S. Freud, Triebe und Triebschicksale (1915), trad. it. Pulsioni e loro destini, in Opere di Sigmund Freud, 12 voll., vol. VIII, Bollati Boringhieri, Torino 1976, p. 214.
5 Ippocrate, Antica medicina (430 a.C.), Rusconi, Milano 1998.
6 Nella Psicologia delle masse (1921) Freud ignora ogni tipo d’interazione interindividuale. L’individuo appartiene alla massa solo come identificato al Führer in posizione di Super-Io.
7 Del metodo indiziario, attribuito allo storico dell’arte Giovanni Morelli, Freud parla all’inizio del capitolo II del Mosè di Michelangelo (1914). Non lo chiama così ma lo riconosce rivoluzionario. Afferma di averne avuto sentore ben prima di interessarsi di psicanalisi.
8 “Die Stimme des Intellekts ist leise, aber sie ruht nicht, ehe sie sich Gehör geschafft hat.” S. Freud, Die Zukunft einer Illusion (1927), in Sigmund Freud gesammelte Werke, vol. XIV, p. 377.
9 L’espressione “Geschrei der Böotier” è di Gauss nella lettera a Bessel del 27 gennaio 1829, in riferimento ai kantiani. Ai beoti andrebbe insegnata la storia. Il Rinascimento italiano vide un florido umanesimo matematico, alimentato da Galilei e allievi: Luca Valerio, Guidobaldo dal Monte, Bonaventura Cavalieri, Evangelista Torricelli.
10 Archimede, L’Equilibrio dei piani, in Opere di Archimede, UTET, Torino 1974, pp. 389 e segg.
11 E. Mach, Die Mechanik in ihrer Entwicklung historisch-kritisch dargestellt (1883), trad. it. La meccanica nel suo sviluppo storico-critico, Bollati Boringhieri, Torino 1977, pp. 149 e segg.
12 Tanto meno tra quelle pagine si parla di trottole.
13 Formalizzato da Newton come prima legge del moto. “Ogni moto persevera nel suo stato di quiete o di moto uniforme e rettilineo, se qualche forza ad esso applicata non lo costringe a mutarlo”. I. Newton, Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (1687), trad. it. id., Principii di filosofia naturale. Teoria della gravitazione, Zanichelli, Bologna 1990, p. 55.
14 Anche il lancio dei dadi era assistito dalla dea Fortuna. La teoria delle probabilità, con la dinamica, è frutto della scientificità galileiana. Ufficialmente si può far risalire la sua data di nascita al carteggio Pascal-Fermat del 1654, ma già Galilei nel 1612 con Le considerazioni sulle scoperte dei dadi dimostrava di saper trattare eventi probabilistici sine causa.
15 I. Newton, Principii di filosofia naturale. Teoria della gravitazione, op. cit., p. 56. L’azione tra due corpi può avvenire per contatto (distanza nulla) o grazie a un campo di forze (distanza maggiore di zero).
16 In fisica le seconde si dicono simmetrie di gauge o di calibro.
17 Il concetto stesso di approssimazione era ignoto all’antichità, che non disponeva della nozione di variabile. Strepitosa e anticipatrice del modo moderno di fare matematica, fu l’approssimazione di pi greco da parte di Archimede, che ne collocò il valore tra 3+1/7 e 3+10/71.
18 Lo stesso vitalismo di Freud si può pensare come simmetria “rotta”, come usano dire i fisici, per esempio nel caso del cono in equilibrio instabile sul suo vertice. Alla vita risponde la morte, di cui non si sa nulla, ma spinge a nullificare.
19 Cfr. E. Cueto, Entrevista a José Schavelzon, El Sigma, 13 marzo 2005. Cfr. anche G. C. Lynch, El hombre que descubrió que Freud murió por mala praxis, contraataca (Entrevista a José Schavelzon), Clarin, 17 giugno 2012.
20 L. Fleck, Denkstile und Tatsachen. Gesammelte Schriften und Zeugnisse (2014), trad. it. Stili di pensiero. La conoscenza scientifica come creazione sociale, Mimesis, Milano-Udine 2019.
Bibliografia
Archimede, L’Equilibrio dei piani in Opere di Archimede, UTET, Torino 1974, pp. 387-440.
E. Cueto, Entrevista a José Schavelzon, El Sigma, 13 marzo 2005.
L. Fleck, Denkstile und Tatsachen. Gesammelte Schriften und Zeugnisse (2014), trad. it. Stili di pensiero. La conoscenza scientifica come creazione sociale, Mimesis, Milano-Udine 2019.
S. Freud, Triebe und Triebschicksale (1915), trad. it. Pulsioni e loro destini, in Opere di Sigmund Freud, 12 voll., vol. VIII, Bollati Boringhieri, Torino 1976, pp. 13-35.
Id., Die Zukunft einer Illusion (1927), trad. it. L’avvenire di un’illusione in Opere di Sigmund Freud, vol. X, Bollati Boringhieri, Torino 1978, pp. 431-485.
Id., Der Mann Moses und die monoteistische Religion (1938), trad. it. L’uomo Mosè e la religione monoteista, in Opere di Sigmund Freud, vol. XI, Bollati Boringhieri, Torino 1979, pp. 329-453.
Ippocrate, Antica medicina (430 a.C.), Rusconi, Milano 1998.
G. C. Lynch, El hombre que descubrió que Freud murió por mala praxis, contraataca (Entrevista a José Schavelzon), Clarin, 17 giugno 2012.
E. Mach, Die Mechanik in ihrer Entwicklung historisch-kritisch dargestellt (1883), trad. it. La meccanica nel suo sviluppo storico-critico, Bollati Boringhieri, Torino 1977.
I. Newton, Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (1687), trad. it. Principii di filosofia naturale. Teoria della gravitazione, Zanichelli, Bologna 1990.