Propongo una nuova traduzione di un piccolo brano di Totem e tabù nel quale Freud afferma che la psicanalisi ci ha insegnato che “ogni uomo possiede nella sua attività mentale inconscia un apparato che gli consente di interpretare le reazioni di altri uomini, ossia annullare le deformazioni che l’altro ha imposto all’espressione delle sue emozioni”. Per chiarire cosa Freud intenda qui con “reazione” ho tradotto due brani del testo sull’interpretazione del sogno che mettono in evidenza come esistano giudizi di rifiuto che sono espressioni d’affetto destinate a deformare un atto psichico, cioè a rimuovere un tema o a dissimulare un desiderio. Si tratta di un passaggio fondamentale: un tentativo di rimozione genera un giudizio, che a sua volta non ha alcun valore di conoscenza ma è solo espressione d’affetto.
Totem e Tabù
[…]
Cap. IV – Il ritorno del totemismo nell’infanzia
[…]
Senza l’ipotesi di una psiche di massa, di una continuità nella vita emotiva degli uomini, che consenta di trascurare le interruzioni degli atti psichici provocate dal trapassare degli individui, tutta la psicologia dei popoli non potrebbe affatto esistere. Se i processi psichici di una generazione non si prolungassero nella successiva, ogni suo atteggiamento verso l’esistenza dovrebbe essere acquisito ex novo e non vi sarebbe in questo campo alcun progresso e alcuno sviluppo. Sorgono ora due questioni nuove: quanto si può fare affidamento sulla continuità psichica nell’ambito della successione generazionale? Di quali mezzi e vie si serve una generazione per trasferire alla successiva i suoi stati psichici? Non affermerò che questi problemi siano chiariti adeguatamente, o che la comunicazione diretta e la tradizione, alle quali si pensa per prima cosa, siano sufficienti per questa esigenza. In generale la psicologia dei popoli si preoccupa poco di quale sia il modo in cui realizzi l’auspicata continuità nella vita psichica delle generazioni che si avvicendano l’una con l’altra. Una parte del compito sembra assolta con l’ereditarietà di disposizioni psichiche, che tuttavia per ridestarsi e avere efficacia hanno bisogno di certe spinte nella vita individuale. Questo potrebbe essere il significato delle parole del poeta:
Ciò che hai ereditato dai tuoi padri,
conquistalo se vuoi possederlo. 1
Il problema apparirebbe ancora più difficile se potessimo ammettere che vi sono moti psichici tali da poter essere repressi senza lasciare traccia, fino a che non ne rimanga alcun fenomeno residuo. Ma moti del genere non ce ne sono. Anche la repressione più violenta deve lasciare spazio a moti sostitutivi deformati e alle reazioni che ne conseguono. Allora dobbiamo invece ammettere che nessuna generazione è in grado di nascondere alla successiva i processi psichici più importanti. La psicanalisi ci ha infatti insegnato che ogni uomo possiede nella sua attività mentale inconscia un apparato che gli consente di interpretare le reazioni di altri uomini, ossia annullare le deformazioni che l’altro ha imposto all’espressione delle sue emozioni. Per questa via della comprensione inconscia di tutti i costumi, delle cerimonie e degli statuti che il rapporto originario con il padre originario ha lasciato alle spalle, le generazioni successive potrebbero essere riuscite ad assumere quell’eredità emotiva.
Note
1 J. W. Goethe, Faust, I, vv. 682-683.
Questa capacità dell’inconscio richiama altri due passi di Freud. Il primo è del 1913:
“Ella fece di tutto per non far capire a suo marito che si era ammalata in seguito alla frustrazione di cui lui era stato la causa. Ma io ho alcuni buoni motivi per sostenere che ogni uomo possiede nel suo inconscio uno strumento con il quale è in grado di interpretare il modo in cui si esprime l’inconscio degli altri: il marito comprese, senza bisogno di confessioni o spiegazioni, che cosa significava l’angoscia di sua moglie, se ne afflisse senza darlo a vedere e reagì da parte sua in modo nevrotico, fallendo – per la prima volta – nel rapporto coniugale”. Cfr. S. Freud, Die Disposition zur Zwangsneurose. Ein Beitrag zum Problem der Neurosenwahl (1913), trad. it. La disposizione alla nevrosi ossessiva. Contributo al problema della scelta della nevrosi, in Opere di Sigmund Freud, Boringhieri, Torino 1975, vol. VII, p. 238.
Il secondo è del 1915:
“È assai interessante che l’Inc di una persona possa reagire all’Inc di un’altra eludendo il C. Questo fatto, pur meritando un’indagine piu approfondita, specialmente nel senso di determinare se si possa escludere l’intervento di un’attività preconscia, è comunque incontestabile sotto il profilo descrittivo”. Cfr. id., Das Unbewußte (1915), trad. it. L’inconscio, in Opere di Sigmund Freud, Boringhieri, Torino 1976, vol. VIII, p. 78.
Qui di seguito la traduzione dei due brani da L’interpretazione del sogno:
L’interpretazione del sogno
[…]
IV – La deformazione del sogno
[…]
Ricordo ora che il sogno conteneva un altro pezzo che l’interpretazione non ha finora considerato. Dopo che mi è venuto in mente che R. è mio zio, sento nel sogno un’intensa tenerezza per lui. A cosa far risalire questa sensazione? Naturalmente non ho mai avuto sentimenti di tenerezza per mio zio Josef. L’amico R. mi è caro da anni ma, se andassi da lui e gli esprimessi la mia inclinazione con parole che corrispondessero approssimativamente al grado della mia tenerezza nel sogno, egli sarebbe senza dubbio sorpreso. La mia tenerezza verso di lui mi appare non vera ed esagerata, analoga al mio giudizio sulle sue qualità intellettuali, che esprimo attraverso la fusione della sua personalità con quella dello zio, ma esagerata in senso opposto. Ora comincio però a capire una nuova fattispecie. La tenerezza del sogno non appartiene al contenuto latente, ai pensieri dietro il sogno; essa è in contrasto con questo contenuto ed è adatta a celarmi la cognizione dell’interpretazione del sogno. Probabilmente è proprio ciò a cui essa è destinata. Ricordo con quale resistenza mi sono accinto all’interpretazione di questo sogno, per quanto tempo ho voluto posticiparla definendo il sogno una mera sciocchezza. Dai miei trattamenti psicanalitici so come va interpretato un tale giudizio di rifiuto. Esso non ha alcun valore di conoscenza, ha invece meramente il valore di un’espressione d’affetto. Quando la mia bambina non vuole una mela che le viene offerta, afferma che la mela ha un sapore amaro, senza nemmeno averla assaggiata. Quando i miei pazienti si comportano come la piccola, so che si tratta in loro di una rappresentazione che vogliono rimuovere. Lo stesso vale per il mio sogno. Non voglio interpretarlo perché l’interpretazione contiene qualcosa a cui mi oppongo. Effettuata l’interpretazione, apprendo a che cosa mi ero opposto; era l’affermazione che R. è un deficiente. La tenerezza che provo nei suoi confronti non la posso ricondurre ai pensieri latenti del sogno, bensì a questa mia opposizione. Se in questo punto il mio sogno è, rispetto al contenuto latente, deformato, e precisamente deformato nel suo contrario, allora la tenerezza che è manifesta nel sogno serve a questa deformazione o, in altre parole, la deformazione si rivela qui come intenzionale, come un mezzo della dissimulazione. I pensieri del sogno contengono un’offesa per R.; perché io non la noti, arriva nel sogno qualcosa di opposto, un sentimento tenero per lui.
Questa potrebbe essere una nozione di validità generale. Come hanno mostrato gli esempi del capitolo III, ci sono sogni che sono palesi appagamenti di desideri. Dove l’appagamento di desiderio è irriconoscibile, travestito, là dovrebbe essere presente una tendenza alla difesa contro questo desiderio e, in seguito a questa difesa, il desiderio non potrebbe esprimersi altrimenti che deformato. Voglio cercare nella vita sociale un corrispettivo di questa evenienza della vita psichica intima. Dove si trova, nella vita sociale, un’analoga deformazione di un atto psichico? Soltanto là dove di tratta di due persone, una delle quali possiede un certo potere e la seconda, a causa di questo potere, deve usare riguardo. Questa seconda persona deforma allora i suoi atti psichici, oppure, come si potrebbe anche dire, dissimula. La cortesia di cui ogni giorno faccio uso è in buona parte una dissimulazione di questo tipo; quando interpreto i miei sogni per il lettore, sono costretto a deformazioni di questo tipo. Della costrizione che porta a tale deformazione si lamenta anche il poeta:
Il meglio di ciò che puoi sapere
non ti è consentito dirlo agli alunni.1
In posizione analoga si trova lo scrittore politico che deve dire spiacevoli verità a chi detiene il potere. Se le dice apertamente, chi detiene il potere reprimerà l’espressione; a posteriori se si tratta di espressione orale, a priori se lo scrittore è avviato a renderle note mediante la stampa. Lo scrittore deve temere la censura, perciò modera e deforma l’espressione delle proprie opinioni.2 Secondo la forza e la sensibilità di questa censura, si vede costretto o a tenersi meramente nei limiti di certe forme di polemica, o a parlare per allusioni anziché designando direttamente, o a celare il suo messaggio scandaloso dietro un travestimento apparentemente innocuo; egli può per esempio narrare un fatto accaduto a due mandarini nel Regno di Mezzo avendo in mente i funzionari della patria. Quanto più severamente impera la censura, tanto più esteso è il travestimento e tanto più arguti sono i mezzi che comunque guidano spesso il lettore sulle tracce del vero significato.3
La concordanza, che si realizza fin nel dettaglio, tra i fenomeni della censura e quelli della deformazione onirica ci giustifica a presupporre per essi condizioni analoghe. Come autori della configurazione del sogno, ci è dunque lecito supporre in ciascun uomo due forze psichiche (correnti, sistemi), una delle quali costruisce il desiderio a cui il sogno dà espressione, mentre l’altra esercita una censura su questo desiderio del sogno e attraverso questa censura provoca necessariamente una deformazione della sua espressione. Ci si chiede soltanto in cosa consista l’autorità di questa seconda istanza, giacché proprio in virtù di tale autorità le è lecito esercitare la sua censura. Se ricordiamo che i pensieri latenti del sogno non sono coscienti prima dell’analisi, mentre il contenuto manifesto del sogno che da essi deriva viene ricordato coscientemente, risulta ovvia la supposizione che la prerogativa della seconda istanza sia proprio l’ammissione alla coscienza. Nulla potrebbe giungere alla coscienza del primo sistema senza prima essere passato attraverso la seconda istanza e la seconda istanza nulla lascerebbe passare senza esercitare i suoi diritti e imporre al candidato alla coscienza i cambiamenti che le aggradano. Riveliamo con ciò una ben determinata concezione della “essenza” della coscienza; il diventar cosciente è per noi un particolare atto psichico, diverso e indipendente dal processo dell’essere posto e dell’essere rappresentato, e la coscienza ci appare come un organo di senso che percepisce un contenuto che si dà altrove. Si può dimostrare che la psicopatologia non può assolutamente fare a meno di queste supposizioni fondamentali. Dobbiamo riservare a una parte successiva la loro trattazione dettagliata.
Se tengo presente la rappresentazione delle due istanze psichiche e dei loro rapporti con la coscienza, alla strana tenerezza da me provata in sogno per l’amico R., che è stato così sminuito nell’interpretazione del sogno, corrisponde una perfetta analogia nella vita politica degli uomini. Mi immagino la vita di uno stato in cui un sovrano geloso del suo potere e una vivace opinione pubblica siano in lotta fra loro. Il popolo si ribella contro un funzionario sgradito e ne pretende l’allontanamento; per non mostrare di dover tener conto della volontà del popolo, l’autocrate sceglierà proprio quel momento per conferire al funzionario un’alta onorificenza, che altrimenti non avrebbe motivo di esistere. In modo analogo, la mia seconda istanza, che regola l’accesso alla coscienza, onora l’amico R. con un’eccessiva effusione di tenerezza perché il primo sistema aspirerebbe in quel momento, per un particolare interesse, a vituperarlo come deficiente.4
A questo punto forse intuiremo che l’interpretazione del sogno è in grado di fornirci delle spiegazioni, che finora abbiamo atteso invano dalla filosofia, sulla costruzione del nostro apparato psichico. Non seguiremo però questa traccia e torneremo invece, dopo aver chiarito la deformazione del sogno, al nostro problema di partenza. Ci si chiedeva in che modo possano venir risolti come appagamenti di desideri i sogni dal contenuto penoso. Vediamo ora che ciò è possibile se ha avuto luogo una deformazione del sogno e se il contenuto penoso serve soltanto al travestimento di un altro contenuto desiderato. Riguardo alla nostra ipotesi delle due istanze psichiche, ora possiamo anche dire che i sogni penosi contengono realmente qualcosa che è penoso per la seconda istanza, ma che contemporaneamente soddisfa un desiderio della prima istanza. Sono sogni di desiderio nella misura in cui ogni singolo sogno proviene dalla prima istanza, mentre la seconda si comporta, rispetto al sogno, in modo difensivo e non creativo.5 Se ci limitassimo a trattare il contributo al sogno da parte della seconda istanza, non potremmo mai comprendere il sogno. Continuerebbero infatti a rimanere irrisolti tutti gli enigmi che gli autori hanno osservato nel sogno.
[…]
Spero che gli esempi precedenti bastino – fino a ulteriori obiezioni – a far apparire plausibile che anche i sogni dal contenuto penoso vadano risolti come appagamenti di desideri.6 E che nessuno vedrà come un’espressione del caso il fatto che nell’interpretazione di questi sogni ci si imbatta ogni volta in temi di cui non si parla volentieri o ai quali non si pensa volentieri. La penosa sensazione che tali sogni destano è chiaramente identica all’avversione che vorrebbe trattenerci, di solito con successo, dal trattare o dal considerare tali temi, avversione che dobbiamo superare quando siamo obbligati ad affrontarli. Questa sensazione spiacevole, che ritorna quindi in sogno, non esclude però l’esistenza di un desiderio; in ogni uomo ci sono desideri che non vorrebbe comunicare ad altri e desideri che non vuole neppure confessare a sé stesso. D’altra parte ci sentiamo giustificati a trovare un nesso tra il carattere spiacevole di tutti questi sogni e il fatto della deformazione onirica, e a concludere che questi sogni sono così deformati e l’appagamento del desiderio è travestivo sino all’irriconoscibilità perché esiste un’avversione, un’intenzione di rimozione, contro il tema del sogno o contro il desiderio creato da esso. La deformazione onirica si rivela quindi, in realtà, un atto della censura. Rendiamo però conto di tutto ciò che l’analisi dei sogni spiacevoli ha portato alla luce se mutiamo in tal modo la formula che dovrebbe esprimere l’essenza del sogno: il sogno è l’appagamento (travestito) di un desiderio (represso, rimosso).7
Note
1 J. W. Goethe, Faust, I, vv. 1840-1841.
2 Freud fa riferimento per la prima volta alla metafora della censura nella lettera a Wilhelm Fliess del 22 dicembre 1897: “Non hai mai visto un giornale straniero dopo che è passato per la censura alla frontiera russa? Parole, interi periodi e capoversi sono cancellati, con il risultato di rendere incomprensibile tutto il resto”.
3 [Nota del 1919] La Dottoressa Hermine von Hug-Hellmuth ha comunicato un sogno adatto forse come nessun altro a giustificare la mia denominazione. Cfr. H. von Hug-Hellmuth, Ein Traum, der sich selber deutet, in Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse, 3(1) (1915), pp. 33-35. La deformazione del sogno lavora in questo esempio con gli stessi mezzi impiegati della censura postale per cancellare i passi che le appaiono scandalosi. La censura postale rende tali passi illeggibili cassandoli con una riga nera; la censura del sogno li sostituisce con un mormorio incomprensibile.
Per facilitare la comprensione del sogno devo dire che la sognatrice è una signora molto stimata e istruita, cinquantenne, vedova di un alto ufficiale morto circa dodici anni prima e madre di figli ormai adulti, uno dei quali all’epoca del sogno si trova al fronte.
Ecco ora il sogno dei “servizi d’amore”. “La signora si reca all’Ospedale di guarnigione n. 1 e dice alla sentinella al cancello di dover parlare con il primario. (dice un nome a lei sconosciuto) perché vuole prestare servizio all’ospedale. Pone così l’accento sulla parola “servizio” in modo tale che il sottufficiale capisce subito che sono “servizi d’amore”. Poiché si tratta di una signora anziana, dopo qualche esitazione la fa passare. Ma, anziché raggiungere il primario, arriva in uno stanzone grande e tetro nel quale si trovano molti ufficiali e medici militari che stanno in piedi o seduti intorno a un lungo tavolo. Ella rivolge la sua offerta a un capitano medico che la capisce dopo poche parole. Il suo discorso nel sogno ha questa formulazione: “io e numerose altre signore e giovani ragazze di Vienna siamo pronte a offrire ai soldati, non importa se della truppa o ufficiali…”. A questo punto nel sogno segue un mormorio. Ma l’espressione del volto degli ufficiali, in parte imbarazzati, in parte beffardi, le dimostra che il borbottio è stato ben compreso da tutti gli astanti. La signora continua: “So che la nostra decisione suona strana, ma per noi è estremamente seria. Nemmeno al soldato di stanza al fronte viene chiesto se vuole o non vuole morire.” Seguono minuti di penoso silenzio. L’ufficiale medico le cinge la vita con il braccio e dice: “Gentile signora, supponga che si arrivi effettivamente a questo…” (mormorio). Lei si svincola dal suo braccio con il pensiero: “Son proprio tutti uguali”, e risponde: “mio dio, sono una donna anziana e forse non mi troverò mai in questa situazione. Del resto una condizione dev’essere rispettata: la considerazione dell’età, in modo che una donna attempata e un ragazzo giovanissimo non… (mormorio); sarebbe terribile”. L’ufficiale medico: “Capisco perfettamente”. Alcuni ufficiali, tra i quali uno che da giovane l’aveva corteggiata, scoppiano a ridere e la signora desidera essere condotta dal primario che conosce, per mettere tutto in chiaro. Con grande costernazione, si accorge che non ne conosce il nome. Ciononostante l’ufficiale medico, molto gentile e rispettoso, per farla andare al secondo piano, le indica una strettissima scala a chiocciola di ferro, che dallo stanzone porta direttamente ai piani superiori. Salendo, ode un ufficiale dire: “è una decisione enorme, giovane o vecchia che sia; i miei rispetti!”.
Sentendo di fare semplicemente il suo dovere, ella sale una scala interminabile.
Nel giro di poche settimane questo sogno si ripete ancora due volte, con variazioni, come rileva la signora, insignificanti e del tutto assurde. [Freud tornerà su questo sogno nella nona delle sue lezioni universitarie, quella dedicata alla censura del sogno. Cfr. S. Freud, Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse, IX. Vorlesung – Die Traumzensur (1916-1917), trad. it. Introduzione alla psicoanalisi, 9. Lezione – La censura, in Opere di Sigmund Freud, 12 voll., vol. VIII, pp. 309-312.]
4 [Nota del 1911] Tali sogni ipocriti non sono eventi rari, né in me né in altri. Mentre ero occupato con l’elaborazione di un certo problema scientifico, per parecchie notti, a breve distanza, mi ha fatto visita un sogno leggermente sconcertante che aveva per contenuto la riconciliazione con un amico da tempo evitato. Finalmente, alla quarta o alla quinta volta, sono riuscito ad afferrare il significato di questo sogno. Risiedeva nell’incoraggiamento a rinunciare a quell’ultimo resto di riguardo verso la persona in questione e a liberarmene del tutto, ma che si era invece ipocritamente travestito con l’opposto. Ho pubblicato altrove un “sogno edipico ipocrita” [Si tratta di un sogno riportato in una nota del 1911. Tale sogno venne poi etichettato nel 1925 come “Esempio tipico di un sogno di Edipo mascherato”. Cfr. S. Freud, L’interpretazione dei sogni, op. cit., pp. 365-366 n. 2.], nel quale gli impulsi ostili e i desideri di morte dei pensieri del sogno sono sostituiti da tenerezza manifesta. [L’analisi di questo sogno continua nella sezione B. del capitolo seguente. Cfr. S. Freud, Die Traumdeutung (1900), trad. it. L’interpretazione dei sogni, in Opere di Sigmund Freud, vol. III, pp. 181-183.]
5 [Nota del 1930] Apprenderemo in seguito anche il caso nel quale, al contrario, il sogno esprime un desiderio di questa seconda istanza. [Nel 1930 Freud aggiungerà questa nota: “Da quando l’analisi ha scomposto la persona in Io e Super-Io, è facile riconoscere in questi sogni di punizione appagamenti di desiderio del Super-Io”. Cfr. Ivi, p. 436 n. 2.]
6 [Nota del 1925] Devo notare che il tema non è svolto qui e che verrà trattato ancora in seguito. [Freud tornerà sull’argomento nella sezione C, dedicata all’appagamento di desiderio, all’interno del capitolo 7 sulla psicologia dei processi onirici. Cfr. Ivi, p. 502 e sgg.]
7 [Nota del 1914] Un grande poeta vivente che, a quanto mi è stato detto, non vuol sapere nulla di psicanalisi e di interpretazione del sogno, trova per conto suo una formula quasi identica per l’essenza del sogno: “un emergere illecito di desideri nostalgici repressi, sotto false sembianze e falso nome.” C. Spitteler, Meine frühesten Erlebnisse, Eugen Diederichs Verlag, Jena 1914, p. 1.
[Aggiunto nel 1911] Anticipando, cito qui l’ampliamento e la variazione apportati da Otto Rank, a questa formula fondamentale: “Sulla base e con l’aiuto di materiale infantile-sessuale rimosso, di regola il sogno rappresenta come appagati anche desideri attuali, di solito anche erotici, in forma velata e simbolica.” [O. Rank, Ein Traum, der sich selbst deutet, in Jahrbuch für psychoanalytische und psychopathologische Forschungen, 2(2) (1910), p. 519.]
[Aggiunto nel 1925] In nessun punto ho mai detto d’aver fatto mia questa formula di Rank. Mi sembra sufficiente la formulazione più breve contenuta nel testo. Ma è bastato l’aver menzionato la modificazione di Rank perché alla psicanalisi fosse mosso infinite volte il rimprovero: afferma che tutti i sogni hanno un contenuto sessuale. Se si comprende la frase di Rank come va compresa, viene dimostrato soltanto con quanta poca coscienziosità i critici son soliti occuparsi delle loro questioni e quanto volentieri gli avversari ignorano le espressioni più chiare, quando esse non servono alle loro inclinazioni all’aggressione, perché solo poche pagine prima avevo accennato ai molteplici appagamenti di desideri dei sogni infantili (fare una scampagnata o una gita in barca, rifarsi di un pasto mancato, ecc.) e altrove avevo parlato di sogni determinati dalla fame, dalla sete, dallo stimolo di escrezione e di semplici sogni di comodità. Rank stesso non fa un’affermazione assoluta. Egli dice “di solito anche erotici” e questo è senz’altro confermato per la maggior parte dei sogni di adulti.
La si può vedere diversamente se “sessuale” viene usato nel senso di “Eros”, come è ora di uso corrente nella psicanalisi. Ma probabilmente gli nemici non hanno tenuto presente l’interessante problema che tutti i sogni sono creati da forze motrici “libidiche” (in contrapposizione a forze “distruttive”). [Cfr. id., Das Ich und das Es (1923), trad. it. L’Io e l’Es, in Opere di Sigmund Freud, vol. IX, Boringhieri, Torino 1977, pp. 502-509.]
Di seguito il brano originale di Totem e tabù:
Totem und Tabu
[…]
Die infantile Wiederkehr des Totemismus
[…]
Allein eine weitere Erwägung zeigt, daß wir die Verantwortlichkeit für solche Kühnheit nicht allein zu tragen haben. Ohne die Annahme einer Massenpsyche, einer Kontinuität im Gefühlsleben der Menschen, welche gestattet, sich über die Unterbrechungen der seelischen Akte durch das Vergehen der Individuen hinwegzusetzen, kann die Völkerpsychologie überhaupt nicht bestehen. Setzen sich die psychischen Prozesse der einen Generation nicht auf die nächste fort, müßte jede ihre Einstellung zum Leben neu erwerben, so gäbe es auf diesem Gebiet keinen Fortschritt und so gut wie keine Entwicklung. Es erheben sich nun zwei neue Fragen, wieviel man der psychischen Kontinuität innerhalb der Generationsreihen zutrauen kann, und welcher Mittel und Wege sich die eine Generation bedient, um ihre psychischen Zustände auf die nächste zu übertragen. Ich werde nicht behaupten, daß diese Probleme weit genug geklärt sind, oder daß die direkte Mitteilung und Tradition, an die man zunächst denkt, für das Erfordernis hinreichen. Im allgemeinen kümmert sich die Völkerpsychologie wenig darum, auf welche Weise die verlangte Kontinuität im Seelenleben der einander ablösenden Generationen hergestellt wird. Ein Teil der Aufgabe scheint durch die Vererbung psychischer Dispositionen besorgt zu werden, welche aber doch gewisser Anstöße im individuellen Leben bedürfen, um zur Wirksamkeit zu erwachen. Eis mag dies der Sinn des Dichterwortes sein: Was du ererbt von deinen Vätern hast, erwirb es, um es zu besitzen. Das Problem erschiene noch schwieriger, wenn wir zugestehen könnten, daß es seelische Regungen gibt, welche so spurlos unterdrückt werden können, daß sie keine Resterscheinungen zurücklassen. Allein solche gibt es nicht. Die stärkste Unterdrückung muß Raum lassen für entstellte Ersatzregungen und aus ihnen folgende Reaktionen. Dann dürfen wir aber annehmen, daß keine Generation imstande ist, bedeutsamere seelische Vorgänge vor der nächsten zu verbergen. Die Psychoanalyse hat uns nämlich gelehrt, daß jeder Mensch in seiner unbewußten Geistestätigkeit einen Apparat besitzt, der ihm gestattet, die Reaktionen anderer Menschen zu deuten, das heißt die Entstellungen wieder rückgängig zu machen, welche der andere an dem Ausdruck seiner Gefühlsregungen vorgenommen hat. Auf diesem Wege des unbewußten Verständnisses all der Sitten, Zeremonien und Satzungen, welche das ursprüngliche Verhältnis zum Urvater zurückgelassen hatte, mag auch den späteren Generationen die Übernahme jener Gefühlserbschaft gelungen sein.
Ein anderes Bedenken dürfte gerade von Seiten der analytischen Denkweise erhoben werden.
Di seguito il brano originale da L’interpretazione del sogno:
Die Traumdeutung
[…]
IV – Die Traumentstellung
[…]
Ich entsinne mich jetzt, daß der Traum noch ein Stück enthielt, auf welches die Deutung bisher keine Rücksicht genommen hat. Nachdem mir eingefallen, R. ist mein Onkel, empfinde ich im Traum warme Zärtlichkeit für ihn. Wohin gehört diese Empfindung? Für meinen Onkel Josef habe ich zärtliche Gefühle natürlich niemals gehabt. Freund R. ist mir seit Jahren lieb und teuer; aber käme ich zu ihm und drückte ihm meine Zuneigung in Worten aus, die annähernd dem Grad meiner Zärtlichkeit im Traume entsprechen, so wäre er ohne Zweifel erstaunt. Meine Zärtlichkeit gegen ihn erscheint mir unwahr und übertrieben, ähnlich wie mein Urteil über seine geistigen Qualitäten, das ich durch die Verschmelzung seiner Persönlichkeit mit der des Onkels ausdrücke; aber in entgegengesetztem Sinne übertrieben. Nun dämmert mir aber ein neuer Sachverhalt. Die Zärtlichkeit des Traumes gehört nicht zum latenten Inhalt, zu den Gedanken hinter dem Traume; sie steht im Gegensatz zu diesem Inhalt; sie ist geeignet, mir die Kenntnis der Traumdeutung zu verdecken. Wahrscheinlich ist gerade dies ihre Bestimmung. Ich erinnere mich, mit welchem Widerstand ich an die Traumdeutung ging, wie lange ich sie aufschieben wollte und den Traum für baren Unsinn erklärte. Von meinen psychoanalytischen Behandlungen her weiß ich, wie ein solches Verwerfungsurteil zu deuten ist. Es hat keinen Erkenntniswert, sondern bloß den einer Affektäußerung. Wenn meine kleine Tochter einen Apfel nicht mag, den man ihr angeboten hat, so behauptet sie, der Apfel schmeckt bitter, ohne ihn auch nur gekostet zu haben. Wenn meine Patienten sich so benehmen wie die Kleine, so weiß ich, daß es sich bei ihnen um eine Vorstellung handelt, welche sie verdrängen wollen. Dasselbe gilt für meinen Traum. Ich mag [147] ihn nicht deuten, weil die Deutung etwas enthält, wogegen ich mich sträube. Nach vollzogener Traumdeutung erfahre ich, wogegen ich mich gesträubt hatte; es war die Behauptung, daß R. ein Schwachkopf ist. Die Zärtlichkeit, die ich gegen R. empfinde, kann ich nicht auf die latenten Traumgedanken, wohl aber auf dies mein Sträuben zurückführen. Wenn mein Traum im Vergleich zu seinem latenten Inhalt in diesem Punkte entstellt, und zwar ins Gegensätzliche entstellt ist, so dient die im Traum manifeste Zärtlichkeit dieser Entstellung oder, mit anderen Worten, die Entstellung erweist sich hier als absichtlich, als ein Mittel der Verstellung. Meine Traumgedanken enthalten eine Schmähung für R.; damit ich diese nicht merke, gelangt in den Traum das Gegenteil, ein zärtliches Empfinden für ihn.
Es könnte dies eine allgemeingültige Erkenntnis sein. Wie die Beispiele in Abschnitt III gezeigt haben, gibt es ja Träume, welche unverhüllte Wunscherfüllungen sind. Wo die Wunscherfüllung unkenntlich, verkleidet ist, da müßte eine Tendenz zur Abwehr gegen diesen Wunsch vorhanden sein, und infolge dieser Abwehr könnte der Wunsch sich nicht anders als entstellt zum Ausdruck bringen. Ich will zu diesem Vorkommnis aus dem psychischen Binnenleben das Seitenstück aus dem sozialen Leben suchen. Wo findet man im sozialen Leben eine ähnliche Entstellung eines psychischen Akts? Nur dort, wo es sich um zwei Personen handelt, von denen die eine eine gewisse Macht besitzt, die zweite wegen dieser Macht eine Rücksicht zu nehmen hat. Diese zweite Person entstellt dann ihre psychischen Akte, oder, wie wir auch sagen können, sie verstellt sich. Die Höflichkeit, die ich alle Tage übe, ist zum guten Teil eine solche Verstellung; wenn ich meine Träume für den Leser deute, bin ich zu solchen Entstellungen genötigt. Über den Zwang zu solcher Entstellung klagt auch der Dichter:
»Das Beste, was du wissen kannst, darfst du den Buben doch nicht sagen.«
In ähnlicher Lage befindet sich der politische Schriftsteller, der den Machthabern unangenehme Wahrheiten zu sagen hat. Wenn er sie unverhohlen sagt, wird der Machthaber seine Äußerung unter drücken, [148] nachträglich, wenn es sich um mündliche Äußerung handelt, präventiv, wenn sie auf dem Wege des Drucks kundgegeben werden soll. Der Schriftsteller hat die Zensur zu fürchten, er ermäßigt und entstellt darum den Ausdruck seiner Meinung. Je nach der Stärke und Empfindlichkeit dieser Zensur sieht er sich genötigt, entweder bloß gewisse Formen des Angriffs einzuhalten, oder in Anspielungen anstatt in direkten Bezeichnungen zu reden, oder er muß seine anstößige Mitteilung hinter einer harmlos erscheinenden Verkleidung verbergen, er darf z.B. von Vorfällen zwischen zwei Mandarinen im Reich der Mitte erzählen, während er die Beamten des Vaterlandes im Auge hat. Je strenger die Zensur waltet, desto weitgehender wird die Verkleidung, desto witziger oft die Mittel, welche den Leser doch auf die Spur der eigentlichen Bedeutung leiten.[1] [149] Die bis ins einzelne durchzuführende Übereinstimmung zwischen den Phänomenen der Zensur und denen der Traumentstellung gibt uns die Berechtigung, ähnliche Bedingungen für beide vorauszusetzen. Wir dürfen also als die Urheber der Traumgestaltung zwei psychische Mächte (Strömungen, Systeme) im Einzelmenschen annehmen, von denen die eine den durch den Traum zum Ausdruck gebrachten Wunsch bildet, während die andere eine Zensur an diesem Traumwunsch übt und durch diese Zensur eine Entstellung seiner Äußerung erzwingt. Es fragt sich nur, worin die Machtbefugnis dieser zweiten Instanz besteht, kraft deren sie ihre Zensur ausüben darf. Wenn wir uns erinnern, daß die latenten Traumgedanken vor der Analyse nicht bewußt sind, der von ihnen ausgehende manifeste Trauminhalt aber als bewußt erinnert wird, so liegt die Annahme nicht ferne, das Vorrecht der zweiten Instanz sei eben die Zulassung zum Bewußtsein. Aus dem ersten System könne nichts zum Bewußtsein gelangen, was nicht vorher die zweite Instanz passiert habe, und die zweite Instanz lasse nichts passieren, ohne ihre Rechte auszuüben und die ihr genehmen Abänderungen am Bewußtseinswerber durchzusetzen. Wir verraten dabei eine ganz bestimmte Auffassung vom »Wesen« des Bewußtseins; [150] das Bewußtwerden ist für uns ein besonderer psychischer Akt, verschieden und unabhängig von dem Vorgang des Gesetzt- oder Vorgestelltwerdens, und das Bewußtsein erscheint uns als ein Sinnesorgan, welches einen anderwärts gegebenen Inhalt wahrnimmt. Es läßt sich zeigen, daß die Psychopathologie dieser Grundannahmen schlechterdings nicht entraten kann. Eine eingehendere Würdigung derselben dürfen wir uns für eine spätere Stelle vorbehalten.
Wenn ich die Vorstellung der beiden psychischen Instanzen und ihrer Beziehungen zum Bewußtsein festhalte, ergibt sich für die auffällige Zärtlichkeit, die ich im Traum für meinen Freund R. empfinde, der in der Traumdeutung so herabgesetzt wird, eine völlig kongruente Analogie aus dem politischen Leben der Menschen. Ich versetze mich in ein Staatsleben, in welchem ein auf seine Macht eifersüchtiger Herrscher und eine rege öffentliche Meinung miteinander ringen. Das Volk empöre sich gegen einen ihm mißliebigen Beamten und verlange dessen Entlassung; um nicht zu zeigen, daß er dem Volkswillen Rechnung tragen muß, wird der Selbstherrscher dem Beamten gerade dann eine hohe Auszeichnung verleihen, zu der sonst kein Anlaß vorläge. So zeichnet meine zweite, den Zugang zum Bewußtsein beherrschende Instanz Freund R. durch einen Erguß von übergroßer Zärtlichkeit aus, weil die Wunschbestrebungen des ersten Systems ihn aus einem besonderen Interesse, dem sie gerade nachhängen, als einen Schwachkopf beschimpfen möchten.[2]
Vielleicht werden wir hier von der Ahnung erfaßt, daß die Traumdeutung [151] imstande sei, uns Aufschlüsse über den Bau unseres seelischen Apparats zu geben, welche wir von der Philosophie bisher vergebens erwartet haben. Wir folgen aber nicht dieser Spur, sondern kehren, nachdem wir die Traumentstellung aufgeklärt haben, zu unserem Ausgangsproblem zurück. Es wurde gefragt, wie denn die Träume mit peinlichem Inhalt als Wunscherfüllungen aufgelöst werden können. Wir sehen nun, dies ist möglich, wenn eine Traumentstellung stattgefunden hat, wenn der peinliche Inhalt nur zur Verkleidung eines erwünschten dient. Mit Rücksicht auf unsere Annahmen über die zwei psychischen Instanzen können wir jetzt auch sagen, die peinlichen Träume enthalten tatsächlich etwas, was der zweiten Instanz peinlich ist, was aber gleichzeitig einen Wunsch der ersten Instanz erfüllt. Sie sind insofern Wunschträume, als ja jeder Traum von der ersten Instanz ausgeht, die zweite sich nur abwehrend, nicht schöpferisch gegen den Traum verhält.[3] Beschränken wir uns auf eine Würdigung dessen, was die zweite Instanz zum Traum beiträgt, so können wir den Traum niemals verstehen. Es bleiben dann alle Rätsel bestehen, welche von den Autoren am Traum bemerkt worden sind.
[…]
Ich hoffe, die vorstehenden Beispiele werden genügen, um es – bis auf weiteren Einspruch – glaubwürdig erscheinen zu lassen, daß auch die Träume mit peinlichem Inhalt als Wunscherfüllungen aufzulösen sind.[4] Es wird auch niemand eine Äußerung des Zufalls darin erblicken, daß man bei der Deutung dieser Träume jedesmal auf Themata gerät, von denen man nicht gerne spricht oder an die man nicht gerne denkt. Das peinliche Gefühl, welches solche Träume erwecken, ist wohl einfach identisch mit dem Widerwillen, der uns von der Behandlung oder Erwägung solcher Themata – meist mit Erfolg – abhalten möchte, und welcher von jedem von uns überwunden werden muß, wenn wir uns genötigt sehen, es doch in Angriff [166] zu nehmen. Dieses im Traum also wiederkehrende Unlustgefühl schließt aber das Bestehen eines Wunsches nicht aus; es gibt bei jedem Menschen Wünsche, die er anderen nicht mitteilen möchte, und Wünsche, die er sich selbst nicht eingestehen will. Anderseits finden wir uns berechtigt, den Unlustcharakter all dieser Träume mit der Tatsache der Traumentstellung in Zusammenhang zu bringen und zu schließen, diese Träume seien gerade darum so entstellt und die Wunscherfüllung in ihnen bis zur Unkenntlichkeit verkleidet, weil ein Widerwillen, eine Verdrängungsabsicht gegen das Thema des Traumes oder gegen den aus ihm geschöpften Wunsch besteht. Die Traumentstellung erweist sich also tatsächlich als ein Akt der Zensur. Allem, was die Analyse der Unlustträume zutage gefördert hat, tragen wir aber Rechnung, wenn wir unsere Formel, die das Wesen des Traumes ausdrücken soll, in folgender Art verändern: Der Traum ist die (verkleidete) Erfüllung eines (unterdrückten, verdrängten) Wunsches.[5]
Noten
1 Frau Dr. H. v. Hug-Hellmuth hat im Jahre 1915 (Internat. Zeitschr. f. ärztl. Psychoanalyse III) einen Traum mitgeteilt, der vielleicht wie kein anderer geeignet ist, meine Namengebung zu rechtfertigen. Die Traumentstellung arbeitet in diesem Beispiel mit demselben Mittel wie die Briefzensur, um die Stellen auszulöschen, die ihr anstößig erscheinen. Die Briefzensur macht solche Stellen durch Überstreichen unlesbar, die Traumzensur ersetzt sie durch ein unverständliches Gemurmel.
Zum Verständnis des Traumes sei mitgeteilt, daß die Träumerin, eine hochangesehene, feingebildete Dame, fünfzig Jahre zählt, Witwe eines vor ungefähr zwölf Jahren verstorbenen höheren Offiziers und Mutter erwachsener Söhne ist, deren einer zur Zeit des Traumes im Felde steht.
Und nun der Traum von den »Liebesdiensten«. »Sie geht ins Garnisonsspital Nr. 1 und sagt dem Posten beim Tor, sie müsse den Oberarzt … (sie nennt einen ihr unbekannten Namen) sprechen, da sie im Spital Dienst tun wolle. Dabei betont sie das Wort ›Dienst‹ so, daß der Unteroffizier sofort merkt, es handle sich um ›Liebesdienste‹. Da sie eine alte Frau ist, läßt er sie nach einigem Zögern passieren. Statt aber zum Oberarzt zu kommen, gelangt sie in ein großes, düsteres Zimmer, in dem viele Offiziere und Militärärzte an einem langen Tisch stehen und sitzen. Sie wendet sich mit ihrem Antrag an einen Stabsarzt, der sie nach wenigen Worten schon versteht. Der Wortlaut ihrer Rede im Traum ist: ›Ich und zahlreiche andere Frauen und junge Mädchen Wiens sind bereit, den Soldaten, Mannschaft und Offiziere ohne Unterschied, …‹ Hier folgt im Traum ein Gemurmel. Daß dasselbe aber von allen Anwesenden richtig verstanden wird, zeigen ihr die teils verlegenen, teils hämischen Mienen der Offiziere. Die Dame fährt fort: ›Ich weiß, daß unser Entschluß befremdend klingt, aber es ist uns bitterernst. Der Soldat im Feld wird auch nicht gefragt, ob er sterben will oder nicht.‹ Ein minutenlanges peinliches Schweigen folgt. Der Stabsarzt legt ihr den Arm um die Mitte und sagt: ›Gnädige Frau, nehmen Sie den Fall, es würde tatsächlich [149] dazu kommen, …‹ (Gemurmel). Sie entzieht sich seinem Arm mit dem Gedanken: Es ist doch einer wie der andere, und erwidert: ›Mein Gott, ich bin eine alte Frau und werde vielleicht gar nicht in die Lage kommen. Übrigens, eine Bedingung müßte eingehalten werden: die Berücksichtigung des Alters; daß nicht eine ältere Frau einem ganz jungen Burschen … (Gemurmel); das wäre entsetzlich.‹ – Der Stabsarzt: ›Ich verstehe vollkommen.‹ Einige Offiziere, darunter einer, der sich in jungen Jahren um sie beworben hatte, lachen hell auf, und die Dame wünscht zu dem ihr bekannten Oberarzt geführt zu werden, damit alles ins Reine gebracht werde. Dabei fällt ihr zur größten Bestürzung ein, daß sie seinen Namen nicht kennt. Der Stabsarzt weist sie trotzdem sehr höflich und respektvoll an, über eine sehr schmale eiserne Wendeltreppe, die direkt von dem Zimmer aus in die oberen Stockwerke führt, in den zweiten Stock zu gehen. Im Hinaufsteigen hört sie einen Offizier sagen: ›Das ist ein kolossaler Entschluß, gleichgültig, ob eine jung oder alt ist; alle Achtung!‹
Mit dem Gefühle, einfach ihre Pflicht zu tun, geht sie eine endlose Treppe hinauf.
Dieser Traum wiederholt sich innerhalb weniger Wochen noch zweimal mit – wie die Dame bemerkt – ganz unbedeutenden und recht sinnlosen Abänderungen.«
2 Solche heuchlerische Träume sind weder bei mir noch bei anderen seltene Vorkommnisse. Während ich mit der Bearbeitung eines gewissen wissenschaftlichen Problems beschäftigt bin, sucht mich mehrere Nächte kurz nacheinander ein leicht verwirrender Traum heim, der die Versöhnung mit einem längst beiseite geschobenen Freunde zum Inhalt hat. Beim vierten oder fünften Male gelingt es mir endlich, den Sinn dieser Träume zu erfassen. Er liegt in der Aufmunterung, doch den letzten Rest von Rücksicht für die betreffende Person aufzugeben, sich von ihr völlig frei zu machen, und hatte sich in so heuchlerischer Weise ins Gegenteil verkleidet. Von einer Person habe ich einen »heuchlerischen Ödipustraum« mitgeteilt, in dem sich die feindseligen Regungen und Todeswünsche der Traumgedanken durch manifeste Zärtlichkeit ersetzen. (»Typisches Beispiel eines verkappten Ödipustraumes.«) Eine andere Art von heuchlerischen Träumen wird an anderer Stelle (siehe Abschnitt VI »Die Traumarbeit« [insbes. Anm. 404]) erwähnt werden.
3 Späterhin werden wir auch den Fall kennen lernen, daß im Gegenteile der Traum einen Wunsch dieser zweiten Instanz zum Ausdruck bringt.
4 Ich verweise darauf, daß dies Thema hier nicht erledigt ist und noch später behandelt werden wird.
5 Ein großer unter den lebenden Dichtern, der, wie mir gesagt wurde, von Psychoanalyse und Traumdeutung nichts wissen will, findet doch aus eigenem eine fast identische Formel für das Wesen des Traumes: »Unbefugtes Auftauchen unterdrückter Sehnsuchtswünsche unter falschem Antlitz und Namen.« C. Spitteler, Meine frühesten Erlebnisse (Süddeutsche Monatshefte, Oktober 1913).
Vorgreifend führe ich hier die von Otto Rank herrührende Erweiterung und Modifikation der obigen Grundformel an: »Der Traum stellt regelmäßig auf der Grundlage und mit Hilfe verdrängten infantil-sexuellen Materials aktuelle, in der Regel auch erotische Wünsche in verhüllter und symbolisch eingekleideter Form als erfüllt dar.« (»Ein Traum, der sich selbst deutet.«)
Ich habe an keiner Stelle gesagt, daß ich diese Ranksche Formel zur meinigen gemacht habe. Die kürzere, im Text enthaltene Fassung scheint mir zu genügen. Aber daß ich die Ranksche Modifikation überhaupt erwähnte, hat genügt, um der Psychoanalyse den ungezählte Male wiederholten Vorwurf einzutragen: sie behaupte, alle Träume haben sexuellen Inhalt. Wenn man diesen Satz so versteht, wie er verstanden werden will, so beweist er nur, wie wenig Gewissenhaftigkeit Kritiker bei ihren Geschäften zu verbrauchen pflegen, und wie gerne Gegner die klarsten Äußerungen übersehen, wenn sie ihrer Neigung zur Aggression nicht taugen, denn wenige Seiten vorher hatte ich die mannigfaltigen Wunscherfüllungen der Kinderträume erwähnt (eine Landpartie oder Seefahrt zu machen, eine versäumte Mahlzeit nachzuholen usw.), an anderen Stellen von den Hungerträumen, den Träumen auf Durstreiz, auf Exkretionsreiz, von den reinen Bequemlichkeitsträumen gehandelt. Selbst Rank stellt keine absolute Behauptung auf. [167] Er sagt »in der Regel auch erotische Wünsche«, und dies ist für die meisten Träume Erwachsener durchaus zu bestätigen.
Anders sieht es aus, wenn man »sexuell« in dem nun in der Psychoanalyse gebräuchlichen Sinne von »Eros« gebraucht. Aber das interessante Problem, ob nicht alle Träume von »libidinösen« Triebkräften (im Gegensatz zu »destruktiven«) geschaffen werden, haben die Gegner kaum vor Augen gehabt.
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