Propongo una nuova traduzione del brano di Freud che per la prima volta accenna al fenomeno del transfert. Si tratta della parte finale del capitolo degli Studi sull’isteria intitolato Psicoterapia dell’isteria. La spiegazione del transfert richiama in questo caso il prodursi dell’ossessione, così come Freud l’aveva descritto in Ossessioni e fobie.
Studi sull’isteria
[…]
Psicoterapia dell’isteria
[…]
Ho già accennato quale importante ruolo spetti alla persona del medico nel creare motivi che possano vincere la forza psichica della resistenza. In non pochi casi, specialmente nelle donne e nel caso si tratti di chiarire una sequenza di pensieri erotici, la collaborazione dei pazienti diventa un sacrificio personale che deve essere compensato con un qualche surrogato dell’amore. La fatica e la paziente cordialità del medico devono bastare come surrogato.
Ora, se questo rapporto del malato verso il medico viene disturbato, viene meno anche la disponibilità del malato; quando il medico vuole informazioni sull’idea patogena successiva, interviene nella malata la consapevolezza delle recriminazioni che essa ha accumulato nei confronti del medico. Per la mia esperienza, questo ostacolo si verifica in tre casi principali:
[…]
3) Quando la malata si spaventa per il fatto che trasferisce sulla persona del medico le rappresentazioni penose che emergono dal contenuto dell’analisi. Ciò è frequente e in alcune analisi è un evento regolare. Il transfert sul medico avviene per falso nesso.1 Non posso che portare un esempio: in una delle mie pazienti l’origine di un certo sintomo isterico era il desiderio, che aveva nutrito molti anni prima e subito respinto nell’inconscio, che l’uomo con il quale stava conversando la afferrasse con vigore e le strappasse un bacio. Una volta, dopo la conclusione di una seduta, tale desiderio emerge nella malata con riferimento alla mia persona; ciò la fa inorridire, passa una notte insonne e la volta dopo, pur senza rifiutare il trattamento, è del tutto inservibile al lavoro.2 Dopo che ho appreso dell’ostacolo e l’ho eliminato, il lavoro procede di nuovo e vedo lì, il desiderio, quello che aveva tanto spaventato la malata, comparire come i ricordi patogeni più vicini, quelli che la connessione logica ora richiede. Era quindi accaduto questo: per prima cosa il contenuto del desiderio era comparso alla coscienza senza i ricordi delle circostanze concomitanti che avrebbero potuto collocare questo desiderio nel passato; il desiderio ora presente, attraverso la coazione ad associare3 che domina nella coscienza, si connetté alla mia persona, della quale alla malata era lecito occuparsi; in questa mésalliance4 – che io chiamo falso nesso – si desta un affetto che a suo tempo ha costretto la malata a respingere questo desiderio non consentito. Una volta che ne ho fatto esperienza, di ogni analogo ricorso alla mia persona posso presupporre che nuovamente stia avvenendo un transfert e un falso nesso. A ogni nuova occasione, stranamente la malata cade vittima dell’inganno.5
Non si può condurre alla fine alcuna analisi se non si sa far fronte alla resistenza che si delinea da questi tre avvenimenti. Si trova anche qui la via se ci si propone di trattare questo sintomo, nuovamente prodotto secondo il vecchio modello, come il vecchio sintomo. Si ha innanzitutto il compito di rendere la malata consapevole di tale “ostacolo”. In una delle mie pazienti ad esempio, all’immediato fallire del procedimento della pressione [con la mano], ebbi motivo di supporre un’idea inconscia come quelle menzionate nel paragrafo 2) e per la prima volta la colsi di sorpresa. Le dissi che doveva essere sorto un ostacolo alla continuazione del trattamento, il procedimento della pressione [con la mano] aveva quantomeno il potere di mostrarle quest’ostacolo e premetti sulla sua testa. Disse stupita: la vedo qui seduta sulla poltrona, non ha senso; che può voler dire? – Ora posso chiarirglielo.
In un’altra paziente, “l’ostacolo” non era solito mostrarsi direttamente alla pressione, ma io potevo ogni volta ravvisarlo riconducendo la paziente al momento nel quale esso era sorto. Il procedimento della pressione [con la mano] non ci negava mai di ricondurci a quel momento. Scoprendo e segnalando questo ostacolo ci si era sbarazzati della prima difficoltà; ne rimaneva una più grande. Consisteva nell’indurre la malata a comunicare dove apparentemente entravano in questione le relazioni personali, dove la terza persona coincideva con quella del medico. All’inizio ero molto indispettito da questo incremento del mio lavoro analitico, fino a quando imparai a vedere la regolarità dell’intero processo e quindi notai anche che tale transfert non porta a un notevole aumento dell’attività. Il lavoro per la paziente rimane lo stesso: a grandi linee superare l’affetto penoso per aver potuto nutrire, un solo momento, un simile desiderio; per il successo sembra essere indifferente se venga preso a tema del lavoro questo rigetto psichico6 verso l’episodio storico o verso quello recente con me. A poco a poco anche le malate hanno imparato a vedere che in tali transfert sulla persona del medico si tratta di una coazione e di un inganno che si sciolgono con la conclusione dell’analisi. Credo però che, se avessi mancato di renderle chiara la natura di tale “ostacolo”, avrei semplicemente sostituito un nuovo sintomo isterico, quand’anche più blando, a un altro, sviluppatosi spontaneamente.
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Ora credo che siano sufficienti questi accenni sull’attuazione di tali analisi e sulle esperienze fatte in esse. Essi fanno forse apparire le cose più complicate di quanto siano; molte cose si danno da sé quando ci si trova dentro un tale lavoro.
Note
1 [Falsche Verknüpfung. Il concetto di “falso nesso” compare per la prima volta nel testo Le neuropsicosi da difesa. Cfr. S. Freud, Die Abwehr-Neuropsychosen (1894), trad. it. S. Freud, Le neuropsicosi da difesa, in Opere di Sigmund Freud, 12 voll., vol. II, Boringhieri, Torino 1968, p. 126.]
2 [Unbrauchbar zur Arbeit. Per quanto possa risultare indelicato, il soggetto della frase è la paziente.]
3 [Assoziationszwang.]
4 [Mésalliance. Sostantivo derivato dal francese. Freud usa lo stesso termine quando scrive in francese il testo Ossessioni e fobie. Cfr. S. Freud, Obsessions et Phobies. Leur mécanisme psychique et leur étiologie (1895), in Sigmund Freud Gesammelte Werke, 16 voll., vol. I, Imago, Londra 1952, p. 347.]
5 [Täuschung. La costruzione della frase obbliga a tradurre con inganno. Non si tratta però di un imbroglio (Betrug), quanto piuttosto di una sorta di illusione affettiva, come diciamo illusione ottica (optische Täuschung).]
6 [Psychische Abstoßung. Abstoßung è il termine medico per “rigetto”.]
Di seguito il testo in lingua originale:
Studien über Hysterie
[…]
Zur Psychotherapie der Hysterie
[…]
Ich habe bereits angedeutet, welche wichtige Rolle der Person des Arztes bei der Schöpfung von Motiven zufallt, welche die psychische Kraft des Widerstandes besiegen sollen. In nicht wenigen Fällen, besonders bei Frauen und wo es sich um Klärung erotischer Gedankengänge handelt, wird die Mitarbeiterschaft der Patienten zu einem persönlichen Opfer, das durch irgendwelches Surrogat von Liebe vergolten werden muß. Die Mühewaltung und geduldige Freundlichkeit des Arztes haben als solches Surrogat zu genügen.
Wird nun dieses Verhältnis der Kranken zum Arzte gestört, so versagt auch die Bereitschaft der Kranken; wenn der Arzt sich nach der nächsten pathogenen Idee erkundigen will, tritt der Kranken das Bewußtsein der Beschwerden dazwischen, die sich bei ihr gegen den Arzt angehäuft haben. Soviel ich erfahren habe, tritt dieses Hindernis in drei Hauptfällen ein:
[…]
3) Wenn die Kranke sich davor erschreckt, daß sie aus dem Inhalte der Analyse auftauchende peinliche Vorstellungen auf die Person des Arztes überträgt. Dies ist häufig, ja in manchen Analysen ein regelmäßiges Vorkommnis. Die Übertragung auf den [309] Arzt geschieht durch falsche Verknüpfung (vgl. S. 121). Ich muß hier wohl ein Beispiel anführen: Ursprung eines gewissen hysterischen Symptoms war | bei einer meiner Patientinnen der vor vielen Jahren gehegte und sofort ins Unbewußte verwiesene Wunsch, der Mann, mit dem sie damals ein Gespräch geführt, möchte doch herzhaft zugreifen und ihr einen Kuß aufdrängen. Nun taucht einmal nach Beendigung einer Sitzung ein solcher Wunsch in der Kranken in bezug auf meine Person auf; sie ist entsetzt darüber, verbringt eine schlaflose Nacht und ist das nächste Mal, obwohl sie die Behandlung nicht verweigert, doch ganz unbrauchbar zur Arbeit. Nachdem ich das Hindernis erfahren und behoben habe, geht die Arbeit wieder weiter und siehe da, der Wunsch, der die Kranke so erschreckt, erscheint als die nächste, als die jetzt vom logischen Zusammenhange geforderte der pathogenen Erinnerungen. Es war also so zugegangen: Es war zuerst der Inhalt des Wunsches im Bewußtsein der Kranken aufgetreten, ohne die Erinnerungen an die Nebenumstände, die diesen Wunsch in die Vergangenheit verlegen konnten; der nun vorhandene Wunsch wurde durch den im Bewußtsein herrschenden Assoziationszwang mit meiner Person verknüpft, welche ja die Kranke beschäftigen darf, und bei dieser Mésalliance – die ich falsche Verknüpfung heiße – wacht derselbe Affekt auf, der seinerzeit die Kranke zur Verweisung dieses unerlaubten Wunsches gedrängt hat. Nun ich das einmal erfahren habe, kann ich von jeder ähnlichen Inanspruchnahme meiner Person voraussetzen, es sei wieder eine Übertragung und falsche Verknüpfung vorgefallen. Die Kranke fällt merkwürdigerweise der Täuschung jedes neue Mal zum Opfer.
Man kann keine Analyse zu Ende führen, wenn man dem Widerstande, der sich aus diesen drei Vorfällen ergibt, nicht zu begegnen weiß. Man findet aber auch hiezu den Weg, wenn man sich vorsetzt, dieses nach altem Muster neu produzierte Symptom so zu behandeln wie die alten. Man hat zunächst [310] die Aufgabe, das »Hindernis« der Kranken bewußt zu machen. Bei einer meiner Kranken zum Beispiel, bei der plötzlich die Druckprozedur versagte und ich Grund hatte, eine unbewußte Idee wie die unter 2) erwähnte anzunehmen, traf ich es das erstemal durch Überrumpelung. Ich sagte ihr, es müsse sich ein Hindernis gegen die Fortsetzung der Behandlung ergeben haben, die Druckprozedur habe aber wenigstens die Macht, ihr dieses Hindernis zu zeigen, und drückte auf ihren Kopf. Sie sagte erstaunt: Ich sehe Sie auf dem Sessel hier sitzend, das ist doch ein Unsinn; was soll das bedeuten? – Ich konnte sie nun aufklären.
Bei einer andern pflegte sich das »Hindernis« nicht direkt auf Druck zu zeigen, aber ich konnte es jedesmal nachweisen, wenn ich die Patientin auf den Moment zurückführte, in dem es entstanden war. Diesen Moment wiederzubringen, verweigerte uns die Druckprozedur nie. Mit dem Auffinden und Nachweisen des Hindernisses war die erste Schwierigkeit hinweggeräumt, eine größere blieb noch bestehen. Sie bestand darin, die Kranke zum Mitteilen zu bewegen, wo anscheinend persönliche Beziehungen in Betracht kamen, wo die dritte Person mit der des Arztes zusammenfiel. Ich war anfangs über diese Vermehrung meiner psychischen Arbeit recht ungehalten, bis ich das Gesetzmäßige des ganzen Vorganges einsehen lernte, und dann merkte ich auch, daß durch solche Übertragung keine erhebliche Mehrleistung geschaffen sei. Die Arbeit für die Patientin blieb dieselbe: etwa den peinlichen Affekt zu überwinden, daß sie einen derartigen Wunsch einen Moment lang hegen konnte, und es schien für den Erfolg gleichgültig, ob sie diese psychische Abstoßung im historischen Falle oder im rezenten mit mir zum Thema der Arbeit nahm. Die Kranken lernten auch allmählich einsehen, daß es sich bei solchen Übertragungen auf die Person des Arztes um einen Zwang und um eine Täuschung handle, die mit Beendigung der Analyse zerfließe. Ich meine aber, wenn ich versäumt hätte, ihnen [311] die Natur des »Hindernisses« klar zu machen, hätte ich ihnen einfach ein neues hysterisches Symptom, wenn auch ein milderes, für ein anderes, spontan entwickeltes, substituiert.
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Nun, meine ich, ist es genug der Andeutungen über die Ausführung solcher Analysen und die dabei gemachten Erfahrungen. Sie lassen vielleicht manches komplizierter erscheinen, als es ist; vieles ergibt sich ja von selbst, wenn man sich in solch einer Arbeit befindet.
Bibliografia
S. Freud, Die Abwehr-Neuropsychosen (1894), trad. it. Le neuropsicosi da difesa, in Opere di Sigmund Freud, 12 voll., vol. II, Boringhieri, Torino 1968, pp. 117-134.
S. Freud, J. Breuer, Studien über Hysterie (1895), in Sigmund Freud Gesammelte Werke, 24 voll., vol. I, Imago, Londra 1952, pp. 75-312.
S. Freud, Obsessions et Phobies. Leur mécanisme psychique et leur étiologie (1895), in Sigmund Freud Gesammelte Werke, 16 voll., vol. I, Imago, Londra 1952, pp. 345-353.