Propongo una nuova traduzione di un frammento[1] di una lettera che Freud scrisse a Oskar Pfister il 5 giugno 1910. La considero preziosa, in primo luogo perché mette in evidenza come il transfert non possa essere affatto eluso e che offra peraltro una traccia che non può non influenzare la conduzione dell’analisi. In secondo luogo è straordinaria la chiarezza con la quale Freud misura il prezzo del cedimento di fronte alle pretese dell’analizzante: la guarigione, non duratura peraltro, viene pagata con la moneta dell’autonomia.
Per quanto riguarda il transfert, è una vera e propria croce. L’ostinata indomabilità della malattia, a causa della quale abbiamo abbandonato la suggestione indiretta e la suggestione ipnotica diretta, non può essere eliminata completamente neanche dalla psicanalisi, ma solo limitata, e il suo resto si manifesta nel transfert. Di solito è piuttosto ragguardevole e qui le regole spesso ci piantano in asso, dovendo orientarci secondo ciò che è caratteristico del malato e non volendo rinunciare del tutto a qualche sua nota personale. In generale sono d’accordo con Stekel che il paziente va tenuto in uno stato di astinenza, di amore infelice, ma questo naturalmente non è sempre possibile in misura piena. Quanto più Lei gli lascia trovare amore, tanto prima Lei raggiunge i suoi complessi, ma tanto più modesto sarà l’esito finale, poiché il paziente si priva di quelli che sono stati appagamenti di complessi solo perché può scambiarli con ciò che ricava dal transfert. L’esito è splendido, ma dipende interamente dal transfert. Si otterrà forse la guarigione, ma non il necessario grado di autonomia, né la garanzia contro la ricaduta.
Note
[1] S. Freud, O. Pfister, Sigmund Freud Oskar Pfister Briefe 1909-1939, Fischer, Francoforte 1963, pp. 36-38.
Bibliografia
S. Freud, O. Pfister, Sigmund Freud Oskar Pfister Briefe 1909-1939, Fischer, Francoforte 1963.
Di seguito il testo originale: