IV. Kongreß der Fondation européenne pour la Psychanalyse
Berlin, 22. 24. Mai 1998
Organisation: Martin Lerude, Jutta Prasse, Claus-Dieter Rath
Das Symptom in der Psychoanalyse und die Psychoanalyse als Symptom
Antonello Sciacchitano (Milano)
“Il disagio in psicanalisi si chiama psicoterapia”
“Voglio solo sapermi al sicuro che terapia non uccida la scienza.”
S. Freud, La questione dell’analisi laica – Poscritto (1927)
Due definizioni negative di psicanalisi
1. Anche se di fatto promuove la guarigione del soggetto della scienza, in linea di principio la psicanalisi non è una terapia.
1.1. La psicanalisi non è una terapia perché [non conosce e] non applica alcuna ortodossia.
1.1.1. La psicanalisi non applica alcuna ortodossia perché lavora con il linguaggio, che non è un codice.
1.2. Da quale malattia presume di guarire la psicanalisi? Vi allude Nietzsche in questo dialoghetto della Gaia Scienza:
A. Ero malato? Sono guarito? E chi è stato il mio medico? Come ho dimenticato tutto questo!
B. Ora ti credo che sei guarito, perché è guarito chi ha dimenticato.
1.3. La malattia del soggetto della scienza si chiama assenza di responsabilità etica.
2. Anche se la psicanalisi nasce dal tronco della scienza non è scienza.
2.1. L’idea di trasformare la psicanalisi in scienza della natura fa ridere.
2.2. Ancora più ridicola (dérisoire, dice Foucault nella sua Storia della follia) è la pretesa di smerciare la psicanalisi come scienza umana.
Una definizione positiva di psicanalisi
3. Infatti, la psicanalisi è un’etica, la particolare etica del soggetto della scienza.
3.1. La guarigione, o meglio la convalescenza, che la psicanalisi offre al soggetto della scienza, si chiama etica del desiderio.
3.2. In quanto etica, la psicanalisi non è applicazione ma costruzione.
3.2.1. La psicanalisi non si applica alla scienza come una terapia si applica alla cura della malattia o la teoria alla pratica [tecnologica].
3.3. Il soggetto della scienza non è altro che il soggetto dell’inconscio.
3.3.1. Grazie alla psicanalisi il soggetto della scienza costruisce la propria sublimazione etica.
3.4. Gli psicanalisti dovrebbero interrogarsi sui fallimenti etici del soggetto della scienza.
3.4.1. Finché non è troppo tardi, gli psicanalisti dovrebbero cercarvi un rimedio.
3.4.2. Consiglio negativo: abbandonare la pratica psicoterapeutica, che non serve allo scopo.
3.4.3. Consiglio positivo: promuovere la psicanalisi come revisione del giudizio [morale].
La psicoterapia è la resistenza servile alla psicanalisi
4. La psicoterapia è l’illusione principe indotta dal potere nel soggetto della scienza cui fa credere che esista la cura che annulla la discrepanza soggettiva tra sapere e verità.
4.1. La psicoterapia non può mai essere di “ispirazione psicanalitica”, perché non ha preoccupazioni etiche [ma di conformismo].
4.1.1. Di fatto la psicoterapia usa il linguaggio come codice di comunicazione prestabilito.
4.1.2. Di principio la psicanalisi opera con il linguaggio come totalità [aperta] che non forma un intero [concluso in se stesso].
4.2. Di principio la psicoterapia non può essere “di ispirazione psicanalitica”, perché applica prescrizioni tecniche [prestabilite].
4.2.1. Di fatto la psicanalisi cerca di inventare [caso per caso] un’etica soggettiva [nuova. È questo lo specifico impossibile del suo mestiere].
5. Riducendo l’inconscio a mitologia archetipica [collettiva], la psicoterapia sbarra al soggetto della scienza la strada di accesso alla [nuova] etica del desiderio.
5.1. Abolendo il desiderio, il potere preferisce la psicoterapia alla psicanalisi.
5.1.1. Infatti, la psicoterapia conforma il soggetto al[la volontà del] potere, mentre la psicanalisi si cura solo dell’etica del soggetto; è indifferente ai problemi del potere.
6. [In linea di principio] lo psicanalista non può essere psicoterapeuta. [Lo sarà di fatto].
6.1. Infatti, lo psicanalista ha il compito di acuire e approfondire la divisione soggettiva tra sapere e verità, tra intelletto e libertà, [rispettivamente tra] finito e infinito.
Aspetti di mercato della psicanalisi
7. L’offerta della psicanalisi è limitata al[la domanda del] soggetto della scienza.
7.1. Ogni estensione ad altri soggetti (religiosi, filosofici, letterari ecc.) fa degenerare la psicanalisi a psicoterapia.
7.1.1. Naturalmente, la restrizione ha conseguenze economiche: la psicanalisi non si vende a tutti.
7.1.2. Ciò significa che, per sopravvivere, lo psicanalista deve trovare altri lavori diversi da quello di psicoterapeuta.
7.2. La psicanalisi è per chi “soffre” [gode?] di scienza [e a causa della scienza].
7.3. La psicanalisi è per chi vuole elaborare il desiderio [del soggetto della scienza].
Aspetti di politica della psicanalisi
8. Il disagio della psicanalisi deriva dalla mancata assunzione di responsabilità da parte degli psicanalisti verso il soggetto della scienza, preferendo diventare terapeuti.
8.1. La responsabilità dello psicoterapeuta è verso il potere, non verso il soggetto. La responsabilità dell’analista l’inverso.
[8.1.1. Perciò è giusto che esista la legge che regola l’esercizio della psicoterapia ma non della psicanalisi ed è due volte ingiusto che lo psicanalista sia processato per esercizio indebito della psicoterapia.]
8.2. La psicoterapia è la scienza del servo che si conforma alla volontà del signore. [Cfr. Initium sapientiae timor domini.]
8.2.1. La psicanalisi è l’inverso della psicoterapia perché è l’inverso del discorso del padrone. [Cfr. Lacan, Seminario XVII].
8.2.2. In altri termini, la psicoterapia applica al nevrotico il discorso del signore, in particolare di “Nostro Signore”, [conformandolo ai suoi ideali].
8.3. Le scissioni nel movimento analitico nacquero perché Freud pretendeva andare avanti con la psicanalisi, mentre gli allievi preferivano fermarsi alla psicoterapia, se non all’ipnosi, e smisero di seguirlo, quando non gli si opposero con violenza.
8.4. Il disagio nella psicanalisi nasce dall’inibizione etica di cui soffrono (godono) gli analisti.
8.4.1. Purtroppo la guarigione dall’inibizione richiede più tempo e più lavoro analitico della remissione del sintomo nevrotico.
8.4.2. Infatti, il superamento dell’inibizione, richiede di costruire una nuova formazione dell’inconscio. [Non è come curare un sintomo sostituendolo con un altro].
[8.4.3. La nuova formazione dell’inconscio può ma non necessariamente deve essere la formazione di un nuovo analista. L’emergenza dello psicanalista è un evento contingente, imprevedibile e indeterminato. Non può essere ratificato da un diploma].
9. Concludendo, se il legame sociale tra psicoanalisti [e interessati alla psicanalisi] non ripropone la questione dell’etica [laica] in epoca scientifica, ma si limita a istituire gruppi di autoconsolazione o associazioni di mutuo soccorso, per opportunismo professionale, condanna la psicanalisi a sparire nella spazzatura del capitalismo.
(NB. Le [ ] introducono complementi e sviluppi di quindici anni dopo.)
Per quanto mi riguarda, resta tutto valido e in vigore anche
oggi (o, se preferisci, continuo a raccontarmela così), benché non prediliga il
more geometrico demonstrata, anche se
apprezzo la sua efficacia nel fare tabula
rasa dell’umanesimo, dell’umanismo, dell’antropomorfismo, della teleologia,
dell’ “immaginazione”, delle “passioni”,
nell’intento di «attraversare la vita non con paura e pianto, ma in serenità,
letizia (laetitia, cioè freude) e (soprattutto) ilarità». La
radice dello spinozismo (o il suo fine), che è il distacco da “tutto quello che si incontra comunemente nella vita
(in quanto) è vano e futile”, mi sembra indispensabile anche per dissolvere le
preoccupazioni riguardo a una supposta “etica della psicanalisi” che è poi una
psicanalisi “etificata”. Qualsiasi etica, infatti, in quanto deve rifarsi a dei
principi di condotta già determinati,
non può che inibire la scoperta di quello che chiamiamo “inconscio”, di cui non
possiamo sapere nulla, prima, ma solo dopo, après-coup.
Ecco perché la psicanalisi non è né psicoterapia, né metodo di cura, né cura :
non lo è appunto perché, prima, non
possiamo saperne niente, non abbiamo niente da applicare,
niente su cui regolarci, codici, archetipi, metodi, test, modelli, ma anche
teorie (insomma, nessun sapere). È un semplice fatto di esperienza, per esempio
del più infimo lapsus, che invoca di mollare il filo dei pensieri per andare
alla deriva. Ma questa deriva porta da qualche parte : porta al di là.
Stamattina una analizzante fa un lapsus sul numero 45. E si
trova costretta ad abbandonare brutalmente tutti i pensieri che la preoccupano
e la inchiodano alla “realtà” (= paura e pianto), per fare questa
considerazione: per lei (poco più che trentenne) il numero 45 sono da sempre gli
anni in cui “sarebbe passata al di là”.
Certamente, al di là del principio di piacere (il vano e futile), ossia non
sarebbe più rimasta al di qua, nell’adolescenza,
o adolessenza eterna. E forse l’etica
della psicanalisi è proprio e solo in questo al di là (estraneo per definizione a ogni psicoterapia), che fa
risparmiare a un soggetto (in questo caso) 15 anni, o, altrimenti detto, lo fa invecchiare
di 15 anni in cinque minuti, con ilarità. Non è forse strano che una donna
ancora giovane, che invecchia di colpo di 15 anni, possa farlo con latitia?
Ora, Antonello, puoi senz’altro contraddirmi ma credo che
tutto questo che ho scritto sia lo stesso di ciò che hai scritto tu, anche se
non more geometrico.
Moreno Manghi.