Una storia non scritta, forse non scrivibile
C’è una storia non scritta nella psicanalisi italiana. In effetti, non è storia ma pettegolezzo. È difficile scrivere il pettegolezzo; tanto difficile quanto scrivere “tutta” la verità. Se qui provo dirne brevemente e parzialmente qualcosa è per un’impellenza teorica: dimostrare l’equivalenza tra sintomo individuale e sintomo collettivo, espressione entrambi della stessa volontà di ignoranza.
Cesare Musatti, il padre della psicanalisi italiana, nutrì un odio viscerale per Armando Verdiglione, che epitetava come “il magliaro di Caulonia”. Si badi bene; non era odio per Lacan; all’epoca – metà anni Settanta – il lacanismo stava entrando nell’accademia; è del 1980 un fortunato numero di “aut aut” intitolato “A partire da Lacan”; i coinemi di Franco Fornari traducevano i significanti di Jacques Lacan. Allora, perché Musatti odiava (avevo scritto “amava”) Verdiglione? Perché portava i capelli unti di brillantina Linetti? Forse, ma non lo sapremo mai bene. L’odio è un inganno tanto quanto l’amore, essendo fratelli gemelli di madre ignoranza. Ciò non gli impedisce di diffondersi a macchia d’olio nel collettivo come e forse più dell’amore. (Esiste l’antisemitismo che supera in estensione il filosemitismo).
Ingannato da un odio sintomatico, Musatti plagiò il proprio allievo Adriano Ossicini, parlamentare della Prima Repubblica, affinché promuovesse una legge che regolamentasse la psicanalisi come psicoterapia di Stato. Il plagio fu evidente a tutti ma contestato da nessuno, a differenza dell’accusa di plagio nei confronti di un innocente dentista, che fu mossa a Verdiglione e per cui il magliaro di Caulonia fu al conseguente processo condannato insieme a certi suoi allievi magliarini. Il ragionamento fallace di Musatti era semplice, anzi semplicistico. “Se regolamento la psicoterapia, l’Armando, che non è regolamentato, va fuori legge ed entra in prigione; a quel punto avrò mano libera in psicanalisi.”
Tutto giusto, tranne un piccolo particolare, dovuto a un minimo spostamento, che del resto era già avvenuto e addirittura precedeva la mossa musattiana: la riduzione della psicanalisi a psicoterapia. La legge Ossicini non faceva che ratificare in Italia sul piano giuridico la posizione ufficiale dell’International Psychoanalytical Association (IPA), secondo cui la psicanalisi è e resta per sempre una pratica medica e come tale deve essere regolamentata dallo Stato. La traduzione musattiana della freudiana Die Frage der Laienanalyse fu, infatti, “La questione dell’analisi condotta da non medici”. Il padre della psicanalisi italiana non aveva assimilato bene la lezione freudiana sulla negazione che non nega, ma porta alla coscienza il rimosso. In effetti, Musatti aveva in mente una sola cosa: “La questione dell’analisi condotta dai medici”. Sciocco e anacronistico errore, in parte suggerito da certe ambiguità di Freud, concernenti la concezione della medicina come scienza, perché nulla interessa di meno al medico che la psicanalisi, e giustamente, perché molto meglio dello psicanalista il medico sa che la psicanalisi non è di natura medica.
Fu così che quella italiana divenne una psicanalisi made in Medicaulonia.
Il prezzo dell’analisi
L’intervista ad Armando Verdiglione pubblicata giorni fa su Repubblica ha l’indubbio merito di riprendere alcune questioni che da sempre interessano il funzionamento della psicoanalisi e le azioni degli psicoanalisiti. Al di là della questione giudiziaria sulla quale è corretto non fare commenti, è utile alimentare un serio dibattito su un tema anch’esso importante ed emergente che va al di là del caso Verdiglione: perchè sempre più spesso accade che gli psicoanalisti siano messi sul tavolo degli imputati?
La risposta è semplice. Lo psicanalista è sempre più frequentemente convocato dal PM non perché sia diventato più delinquente dai tempi di Freud, ma perché la psicanalisi è diventata psicoterapia di Stato; perciò lo Stato ha il diritto-dovere di controllare l’operato del proprio dipendente, addirittura difendendolo da concorrenti sleali. Se vogliamo difendere lo psicanalista da ingerenze indebite dello Stato – la psicanalisi non ha bisogno di essere difesa – dobbiamo dissociare la sua figura da quella del terapeuta.