Propongo una nuova traduzione di due brani tratti dalla prima e dalla terza conferenza delle cinque tenute da Freud, nel settembre 1909, presso la Clark University di Worcester nel Massachusetts.
Considero questi brani come l’affacciarsi, per la prima volta, della questione dell’analisi laica. In essi è distintamente presente uno degli elementi fondamentali della “questione”, ovvero il tema dell’incompetenza dei medici e degli psichiatri di fronte alla malattia psichica, in questo caso l’isteria. Freud usa per la prima volta il termine Laien per significare che i medici e gli psichiatri sono allo stesso livello dei profani e non hanno alcuna presa sui nevrotici.
Questi brani sono importanti anche perché mettono in evidenza un tratto che contraddistingue il testo del 1926, ovvero l’ambivalenza nei confronti dei medici e della medicina. Da una parte, Freud è quasi ossessionato dai medici, non attribuisce loro alcun sapere in ambito psichico e li esclude in modo categorico dalla possibilità di dare un aiuto ai pazienti; d’altra parte, questa ossessione sembra coprire l’evidenza che il discorso medico struttura di fatto l’approccio freudiano alla malattia psichica; si pensi al concetto di “trauma” o a quello di “ristabilimento”.
Sulla Psicanalisi
Cinque Conferenze tenute per il ventennale della fondazione della Clark University di Worcester, Massachusetts, settembre 1909
I
[…]
Ho appreso, non senza soddisfazione, che la maggioranza dei miei uditori non appartiene alla classe medica. Non dovete temere che sia necessaria una particolare preparazione medica per poter seguire quanto ho da dirvi. Tuttavia percorreremo un tratto in compagnia dei medici, ma presto ce ne separeremo e accompagneremo il Dott. Breuer su una via del tutto singolare.
La paziente del Dott. Breuer, una ragazza ventunenne di elevate doti intellettuali, ha sviluppato, in oltre due anni di malattia, una serie di disturbi somatici e psichici che certamente meritavano di essere presi sul serio. Aveva una paralisi da contrattura ad entrambe le estremità del lato destro con insensibilità delle stesse; periodicamente la stessa affezione alle membra della parte sinistra del corpo; disturbi dei movimenti oculari e varie carenze della capacità visiva; difficoltà nel portamento del capo; un’intensa tussis nervosa; senso di nausea prima dell’assunzione di cibo e una volta, per parecchie settimane, un’incapacità di bere nonostante una sete tormentosa; una riduzione della loquela, fino alla perdita della capacità di parlare o di comprendere la sua madrelingua; infine stati di assenza, di confusione, di delirio, di alterazione dell’intera personalità; tutti sintomi ai quali più tardi dovremo rivolgere la nostra attenzione.
Sentendo parlare di un quadro sintomatico di questo tipo, sareste inclini, pur non essendo medici, a supporre che si tratti di una malattia grave, probabilmente cerebrale, che offre scarse prospettive di guarigione e che potrebbe portare rapidamente alla morte del malato. I medici invece vi insegneranno che, per una serie di casi con manifestazioni così gravi, è giustificata un’interpretazione diversa e di gran lunga più favorevole. Se un quadro sintomatico di questo tipo si presenta in una giovane donna, i cui organi vitali interni (cuore, reni) risultano normali all’esame obiettivo, ma che ha provato intense turbe emotive, e se i singoli sintomi, per certe caratteristiche particolari, differiscono dalle aspettative, allora i medici non prendono troppo sul serio questo tipo di caso. Affermano che non si tratta di una malattia cerebrale organica, ma di quella condizione misteriosa che dai tempi della medicina greca è chiamata isteria e che riesce a simulare un gran numero di sintomi di malattie più gravi. Non ritengono quindi che la vita sia minacciata e, anzi, considerano probabile un completo ristabilimento della salute. Non è sempre molto facile distinguere un’isteria di questo tipo da una malattia organica più grave. Non abbiamo bisogno però di sapere in che modo viene fatto questo tipo di diagnosi differenziale; ci basti essere sicuri che il caso della paziente di Breuer è proprio uno di quei casi che nessun medico esperto può fare a meno di diagnosticare come isteria. A questo punto possiamo anche aggiungere, dal resoconto clinico, che la malattia è emersa mentre lei si prendeva cura del padre teneramente amato, il quale aveva una grave malattia che l’avrebbe portato alla morte e che lei, a causa della propria malattia, ha dovuto rinunciare a curarlo.
Finora ci è risultato vantaggioso procedere a fianco dei medici; ma fra poco ce ne separeremo. Infatti non dovete aspettarvi che, se la diagnosi di isteria prende il posto della diagnosi di una grave affezione cerebrale organica, la prospettiva del malato di poter ottenere un aiuto medico venga con ciò migliorata in modo sostanziale. Contro le gravi malattie del cervello l’arte medica è, nella maggior parte dei casi, impotente, ma anche contro le affezioni isteriche il medico non riesce a fare nulla. Deve lasciar decidere alla natura benigna, quando e come la sua promettente prognosi si realizzerà.
Con il riconoscimento dell’isteria, le cose cambieranno poco per il malato; molto di più cambieranno per il medico. Possiamo osservare come egli si ponga in modo totalmente diverso nei confronti dell’isterico rispetto a come si pone di fronte al malato organico. Non vuole mostrare al primo la stessa partecipazione che mostra al secondo, visto che la sua malattia è molto meno grave e, ciò nonostante, sembra avanzare la pretesa di essere preso altrettanto sul serio. Ma c’è anche dell’altro. Il medico, che attraverso i suoi studi ha imparato a conoscere così tante cose che sono precluse al profano, si è potuto formare delle idee sulle cause della malattia e sulle alterazioni che essa determina, ad esempio, nel cervello dei pazienti che soffrono di apoplessia o di neoplasia, idee che devono essere in una certa misura adeguate, poiché gli permettono di comprendere le singolarità del quadro sintomatico. Però, di fronte alle particolarità dei fenomeni isterici, tutto il suo sapere, la sua formazione anatomo-fisiologica e patologica, lo pianta in asso. Non è in grado di comprendere l’isteria, egli stesso le sta di fronte così come un profano. Ora, questo non va bene a nessuno di coloro che, solitamente, hanno un’assai grande stima del proprio sapere. Gli isterici perdono quindi la sua simpatia; li considera persone che trasgrediscono le leggi della sua scienza, li guarda come gli ortodossi guardano gli eretici; li crede capaci di ogni male possibile; li accusa di esagerare, di ingannare consapevolmente e di simulare; e li punisce togliendo loro il proprio interesse.
[…]
III
[…]
L’elaborazione delle idee spontanee che si presentano al paziente quando si sottopone alla regola psicanalitica fondamentale non è l’unico nostro mezzo tecnico per dischiudere l’inconscio. Allo stesso scopo servono altri due metodi, l’interpretazione dei suoi sogni e la valorizzazione dei suoi atti mancati e casuali.
Vi confesso, miei cari uditori, di aver a lungo esitato sull’opportunità di offrirvi, invece di questa stringata panoramica sull’intero ambito della psicanalisi, un’esposizione dettagliata dell’interpretazione dei sogni. Mi ha trattenuto un motivo puramente soggettivo e in apparenza secondario. Mi sembrava quasi sconveniente, in questo paese rivolto a mete pratiche, presentarmi come »interprete di sogni« prima ancora che voi poteste sapere quale sia l’importanza che quest’arte antiquata e dileggiata può arrivare a reclamare. L’interpretazione dei sogni è in realtà la via regia verso la conoscenza dell’inconscio, il fondamento più sicuro della psicanalisi e il terreno sul quale ogni operatore deve acquisire la propria convinzione e deve perseguire la propria formazione. Quando mi si chiede come si possa diventare psicanalista, io rispondo: attraverso lo studio dei propri sogni. Finora tutti gli avversari della psicanalisi hanno evitato, con opportuna discrezione, di dare un apprezzamento sull’»Interpretazione dei sogni«, oppure si sono adoperati per averne ragione con le obiezioni più superficiali. Se voi, al contrario, riuscirete ad accettare le soluzioni ai problemi della vita onirica, le novità che la psicanalisi pretende dal vostro pensiero non vi causeranno più alcuna difficoltà.
Non dimenticate che le nostre produzioni oniriche notturne, da una parte, mostrano la più grande somiglianza esteriore e affinità interiore con le creazioni della malattia mentale, dall’altra, sono però compatibili con la piena salute della vita vigile. Non è un paradosso affermare che chi dimostra stupore invece che comprensione nei confronti di queste »normali« illusioni sensoriali, idee deliranti e alterazioni caratteriali, non ha la minima possibilità di comprendere le formazioni abnormi degli stati psichici patologici in modo diverso da quello del profano. Fra questi profani potete oggi tranquillamente annoverare quasi tutti gli psichiatri.
Di seguito l’originale tedesco:
Über Psychoanalyse
Fünf Vorlesungen, gehalten zur zwanzigjährigen Gründungsfeier der Clark University in Worcester, Mass., September 1909
I
[…]
[4] Vorher nur noch eine Bemerkung. Ich habe nicht ohne Befriedigung erfahren, daß die Mehrzahl meiner Zuhörer nicht dem ärztlichen Stande angehört. Besorgen Sie nun nicht, daß es besonderer ärztlicher Vorbildung bedarf, um meinen Mitteilungen zu folgen. Wir werden allerdings ein Stück weit mit den Ärzten gehen, aber bald werden wir uns absondern und Dr. Breuer auf einen ganz eigenartigen Weg begleiten.Dr. Breuers Patientin, ein einundzwanzigjähriges, geistig hochbegabtes Mädchen, entwickelte im Verlaufe ihrer über zwei Jahre ausgedehnten Krankheit eine Reihe von körperlichen und seelischen Störungen, die es wohl verdienten, ernst genommen zu werden. Sie hatte eine steife Lähmung der beiden rechtsseitigen Extremitäten mit Unempfindlichkeit derselben, zeitweise dieselbe Affektion an den Gliedern der linken Körperseite, Störungen der Augenbewegungen und mannigfache Beeinträchtigungen des Sehvermögens, Schwierigkeiten der Kopfhaltung, eine intensive Tussis nervosa, Ekel vor Nahrungsaufnahme und einmal durch mehrere Wochen eine Unfähigkeit zu trinken trotz quälenden Durstes, eine Herabsetzung des Sprechvermögens, die bis zum Verlust der Fähigkeit fortschritt, ihre Muttersprache zu sprechen oder zu verstehen, endlich Zustände von Abwesenheit, Verworrenheit, Delirien, Alteration ihrer ganzen Persönlichkeit, denen wir unsere Aufmerksamkeit später werden zuwenden müssen.Wenn Sie von einem solchen Krankheitsbilde hören, so werden Sie, auch ohne Ärzte zu sein, der Annahme zuneigen, daß es sich um ein schweres Leiden, wahrscheinlich des Gehirns, handle, welches wenig Aussicht auf Herstellung biete und zur baldigen Auflösung der Kranken führen dürfte. Lassen Sie sich indes von den Ärzten belehren, daß für eine Reihe von Fällen mit so schweren Erscheinungen eine andere und weitaus günstigere [5] Auffassung berechtigt ist. Wenn ein solches Krankheitsbild bei einem jugendlichen weiblichen Individuum auftritt, dessen lebenswichtige innere Organe (Herz, Niere) sich der objektiven Untersuchung normal erweisen, das aber heftige gemütliche Erschütterungen erfahren hat, und wenn die einzelnen Symptome in gewissen feineren Charakteren von der Erwartung abweichen, dann nehmen die Ärzte einen solchen Fall nicht zu schwer. Sie behaupten, daß dann nicht ein organisches Leiden des Gehirns vorliegt, sondern jener rätselhafte, seit den Zeiten der griechischen Medizin Hysterie benannte Zustand, der eine ganze Anzahl von Bildern ernster Erkrankung vorzutäuschen vermöge. Sie halten dann das Leben für nicht bedroht und eine selbst vollkommene Herstellung der Gesundheit für wahrscheinlich. Die Unterscheidung einer solchen Hysterie von einem schweren organischen Leiden ist nicht immer sehr leicht. Wir brauchen aber nicht zu wissen, wie eine
Differentialdiagnose dieser Art gemacht wird; uns mag die Versicherung genügen, daß gerade der Fall von Breuers Patientin ein solcher ist, bei dem kein kundiger Arzt die Diagnose der Hysterie verfehlen wird. Wir können auch an dieser Stelle aus dem Krankheitsbericht nachtragen, daß ihre Erkrankung auftrat, während sie ihren zärtlich geliebten Vater in seiner schweren, zum Tode führenden Krankheit pflegte, und daß sie infolge ihrer eigenen Erkrankung von der Pflege zurücktreten mußte.Soweit hat es uns Vorteil gebracht, mit den Ärzten zu gehen, und nun werden wir uns bald von ihnen trennen. Sie dürfen nämlich nicht erwarten, daß die Aussicht eines Kranken auf ärztliche Hilfeleistung dadurch wesentlich gesteigert wird, daß die Diagnose der Hysterie an die Stelle des Urteils auf ernste organische Hirnaffektion tritt. Gegen die schweren Erkrankungen des Gehirns ist die ärztliche Kunst in den meisten Fällen ohnmächtig, aber auch gegen die hysterische Affektion weiß der Arzt nichts zu tun. Er muß es der gütigen Natur überlassen, [6] wenn und wie sie seine hoffnungsvolle Prognose verwirklichen will. Mit der Erkennung der Hysterie wird also für den Kranken wenig geändert; desto mehr ändert sich für den Arzt. Wir können beobachten, daß er sich gegen den hysterischen ganz anders einstellt als gegen den organisch Kranken. Er will dem ersteren nicht dieselbe Teilnahme entgegenbringen wie dem letzteren, da sein Leiden weit weniger ernsthaft ist und doch den Anspruch zu erheben scheint, für ebenso ernsthaft zu gelten. Aber es wirkt noch anderes mit. Der Arzt, der durch sein Studium so vieles kennen gelernt hat, was dem Laien verschlossen ist, hat sich von den Krankheitsursachen und Krankheitsveränderungen, z.B. im Gehirn eines an Apoplexie oder Neubildung Leidenden, Vorstellungen bilden können, die bis zu einem gewissen Grade zutreffend sein müssen, da sie ihm das Verständnis der Einzelheiten des Krankheitsbildes gestatten. Vor den Details der hysterischen Phänomene läßt ihn aber all sein Wissen, seine anatomisch-physiologische und pathologische Vorbildung im Stiche. Er kann die Hysterie nicht verstehen, er steht ihr selbst wie ein Laie gegenüber. Und das ist nun niemandem recht, der sonst auf sein Wissen so große Stücke hält. Die Hysterischen gehen also seiner Sympathie verlustig; er betrachtet sie wie Personen, welche die Gesetze seiner Wissenschaft übertreten, wie die Rechtgläubigen die Ketzer ansehen; er traut ihnen alles mögliche Böse zu, beschuldigt sie der Übertreibung und der absichtlichen Täuschung, Simulation; und er bestraft sie durch die Entziehung seines Interesses.
[…]
III
[…]
Die Bearbeitung der Einfälle, welche sich dem Patienten ergeben, wenn er sich der psychoanalytischen Hauptregel unterwirft, ist nicht das einzige unserer technischen Mittel zur Erschließung des Unbewußten. Dem gleichen Zwecke dienen zwei andere Verfahren, die Deutung seiner Träume und die Verwertung seiner Fehl- und Zufallshandlungen. Ich gestehe Ihnen, meine geehrten Zuhörer, daß ich lange geschwankt habe, ob ich Ihnen anstatt dieser gedrängten [32] Übersicht über das ganze Gebiet der Psychoanalyse nicht lieber eine ausführliche Darstellung derTraumdeutung bieten soll.Ein rein subjektives und anscheinend sekundäres Motiv hat michdavon zurückgehalten. Es erschien mir fast anstößig, in diesem praktischen Zielen
zugewendeten Lande als »Traumdeuter« aufzutreten, ehe Sie noch wissen konnten, aufwelche Bedeutung diese veraltete und verspottete Kunst Anspruch erheben kann. DieTraumdeutung ist in Wirklichkeit die Via Regia zur Kenntnis des Unbewußten, diesicherste Grundlage der Psychoanalyse und jenes Gebiet, auf welchem jeder Arbeiter seineÜberzeugung zu gewinnen und seine Ausbildung anzustreben hat. Wenn ich gefragt werde,wie man Psychoanalytiker werden kann, so antworte ich, durch das Studium seiner eigenenTräume. Mit richtigem Takt sind alle Gegner der Psychoanalyse bisher einer Würdigungder »Traumdeutung« ausgewichen oder haben mit den seichtesten Einwendungen über siehinwegzukommen getrachtet. Wenn Sie im Gegenteile die Lösungen der Probleme desTraumlebens anzunehmen vermögen, werden Ihnen die Neuheiten, welche diePsychoanalyse Ihrem Denken zumutet, keine Schwierigkeiten mehr bieten.Vergessen Sie nicht, daß unsere nächtlichen Traumproduktionen einerseits die größte äußere Ähnlichkeit und innere Verwandtschaft mit den Schöpfungen der Geisteskrankheit zeigen, andererseits aber mit der vollen Gesundheit des Wachlebens verträglich sind. Es ist keine paradoxe Behauptung, daß, wer jenen »normalen« Sinnestäuschungen, Wahnideen und Charakteränderungen Verwunderung anstatt Verständnis entgegenbringt, auch nicht die leiseste Aussicht hat, die abnormen Bildungen krankhafter Seelenzustände anders als im laienhaften Sinne zu begreifen. Zu diesen Laien dürfen Sie heute getrost fast alle Psychiater zählen.
Bibliografia
S. Freud, Gesammelte Schriften, vol. IV, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Leipzig – Wien – Zürich 1924, pp. 349-406.
S. Freud, The Standard Edition of the Complete Psychological Works of Sigmund Freud, vol. XI, Hogarth Press, London 1957, pp. 1-57.
S. Freud, Opere di Sigmund Freud, vol. VI, Boringhieri, Torino 1974, pp. 125-173.
S. Freud, Gesammelte Werke, vol. VIII, Imago Publishing Co., Ltd., London 1996, pp. 3-60.
Bisogna aver il coraggio di riconoscerlo: Freud ha inventato la psicanalisi nonostante la propria paranoia contro il padre.
La paranoia freudiana, travestita dalla più nobile delle nevrosi, la nevrosi ossessiva, fu da Freud prima teorizzata nei miti del parricidio (versione attiva del figlio contro il padre) e della castrazione (versione passiva del padre contro il figlio) e poi esercitata in pratica contro quelle incarnazioni paterne che sono i medici, i quali avrebbero usurpato a Freud il diritto di esercitare la psicanalisi (senza passare per le forche caudine dell’analisi freudiana).
Se questa congettura – che solo a prima vista e per un orecchio non esercitato all’analisi freudiana può sembrare antifreudiana – è vera, ne consegue la necessità di ripensare la politica della psicanalisi secondo modalità diverse da quelle escogitate da Freud. Le quali si traducono nella realizzazione all’interno delle associazioni psicanalitiche del modello freudiano dell’orda primitiva, con il risultato paradossale che al persecutore – al padre – si erige un monumento proprio all’interno della comunità dei perseguitati – i figli. La legge del contrappasso non vige solo all’inferno.
La speranza è di poter istituire in nome del discorso analitico legami meno ontologici e meno paranoici di quelli padre-figlio. Si potrebbe cominciare dal dubbio, questo sì primitivo, su chi è mio padre? Da lì potrebbe partire l’elaborazione di un legame collettivo di tipo epistemico meno tirannico di quello imposto da Freud ai suoi “figli”.
Magari cominciando a interrogarsi psicanaliticamente: cosa è stato per me Freud? e continuando con: come si esce dai fantasmi paranoici di Freud, mantenendo l’assetto analitico di Freud?
Antonello Sciacchitano