-
Non è meno dura la vita per i lacaniani, ma di questo secondo capitolo di una triste storia – la Storia del movimento analitico – parlerò in un altro documento.
Non se ne rendono ben conto i freudiani ortodossi, a cui va bene la riduzione nordamericana della psicanalisi a psicoterapia. Ma oggi è difficile essere autenticamente freudiani. Chi ci prova, riesce – ben che vada – a essere… freudista.
Cioè?
Il freudista è uno che abita nel freudismo, un luogo dove si conserva la lettera – tutte le lettere – del dettato freudiano. Che non cada uno iota dalla tavola della legge freudiana, è il motto dell’ortodossia freudista. L’ortodossia è sempre totalitaria, non solo nel caso freudiano. E il risultato dell’applicazione dell’ortodossia è sorprendente: la pratica del freudismo diventa, senza che il freudista se ne accorga, una pratica medica.
Nella trappola cadde anche Freud, che pure aveva iniziato bene, avviando la costruzione della sua “giovane-nuova” scienza (junge Wissenschaft) dell’inconscio: una scienza diversa dalla psicologia filosofico-scolastica dei suoi tempi, simile alla psicologia cognitivista dei nostri, che riduce tutto lo psichico al conscio. Le testimonianze parlanti di questo avvio scientifico sono negli Studi sull’isteria e nella Interpretazione dei sogni. Tuttavia, anche lì si possono riscontrare i primi segni della degenerazione non scientifica, precisamente medica, forse inevitabile, della psicanalisi.
Cosa era successo?
È un fatto storicamente documentato e culturalmente ben stabilito. Nel tempo, da Pinel a Basaglia, da Freud a Foucault; nello spazio, da Barnes e Noble a New York a Kiepert a Berlino, la medicina è considerata una scienza. Allora, si parla di scienza medica e si mettono i trattati di medicina accanto ai manuali di fisica e di biologia. Non c’è verso di smontare questa fallacia. Pur di mantenerla in piedi, nel caso di Freud si raccontano frottole come quella che pretende di far passare la scienza freudiana come scienza positivista. No, la scienza di Freud, che aveva esordito come “nuova” scienza dell’inconscio, con il passare degli anni, probabilmente come esito delle battaglie sostenute per mantenerla in vigore, divenne una vecchia “scienza di tipo medico”, cioè non scienza. Si arriva al paradosso del 1926, nella Frage der Laienanalyse, dove Freud polemizza contro i medici, che vorrebbero esercitare la psicanalisi senza adeguata formazione psicanalitica, in nome di principi teorici di chiara derivazione medica.
Come era potuta diventare una teoria e una pratica medica la psicanalisi? Attraverso la metapsicologia. La metapsicologia è una costruzione eziopatogenetica di stampo medicale; presuppone, infatti, un agente morboso, il quale produce nel tempo effetti che si configurano come entità nosologiche ben riconoscibili, le une distinte dalle altre: l’isteria distinta dall’ossessione, la paranoia distinta dalla parafrenia; le prime classificate come psiconevrosi da transfert, le seconde come psiconevrosi narcisistiche. Nel caso psichico l’agente morboso non è un batterio ma quasi sempre un trauma, il quale innesca meccanismi pulsionali inconsci. Le pulsioni sono i nostri miti, dirà Freud nella seconda serie di lezioni introduttive alla psicanalisi. Miti, quindi non scienza.
A monte bisogna porsi, allora, la domanda: perché la medicina non è scienza? Questa è la domanda che merita una risposta definitiva.
Che è semplice: la medicina non è scienza perché è eziologica. Il principio eziologico, o di causa ed effetto o di ragion sufficiente, per cui ogni fenomeno ha una causa, è un principio diacronico: afferma che nel tempo prima si presenta la causa e poi si verifica l’effetto. In base a questo principio si dimostra l’esistenza di dio, ma non si fa scienza. La scienza moderna, infatti, è sincronica. Prevede fenomeni senza causa, come il moto inerziale (rettilineo uniforme in assenza di forze) o il decadimento radioattivo. Tratta più fenomeni al tempo stesso (si chiamano linee di universo) in campi gravitazionali o elettromagnetici. Di loro stabilisce la natura invariante, cioè indipendente dal riferimento delle coordinate: in fisica, l’energia, l’impulso e il momento angolare sono gli invarianti delle equazioni di Lagrange, che non variano per variazioni delle coordinate, rispettivamente temporali e spaziali.
La teoria dell’invarianza e, in generale, la teoria delle simmetrie spaziotemporali sono del tutto assenti dalla medicina. La medicina si limita ad affastellare casi clinici con metodo anamnestico, che poteva soddisfare Erodoto ma non Galilei. La medicina è al più una “scienza” storica, non una scienza moderna. Non senza ragioni, nell’epicrisi del caso Elisabeth von R., Freud si meravigliava di dover scrivere storie cliniche “che si leggono come novelle, senza il marchio della scientificità”. In effetti, Freud presentava i suoi casi clinici come casi medici e in questa trappola rimase impigliato tutta la vita. Trent’anni dopo la psicanalisi freudiana era diventata medica in tutto e per tutto, in teoria e in pratica.
Era diventata medica in teoria, perché assumeva l’esistenza di precise cause dei fenomeni psichici. Nella sua metapsicologia le cause psichiche sono onnipresenti e sono per lo più traumatiche, come ho già detto. Entrando nei dettagli, le cause psichiche sono le pulsioni, le quali a loro volta sono cause aristoteliche, non istinti biolgici. Ci sono le cause efficienti: sono le pulsioni sessuali, che dovrebbero produrre la soddisfazione sessuale; e c’è la causa finale: è la pulsione di morte, che mira a riportare l’apparato psichico al più basso livello di eccitazione. Il funzionamento metapsicologico della cause psichiche è, in ultima analisi, isomorfo al funzionamento eziopatogenetico delle cause morbose, che il giovane medico deve apprendere nel suo lungo apprendistato. Una carriera non molto diversa da quella del giovane analista, che si sottopone alla “conformazione” scolastica in qualche scuola di psicanalisi.
Qui si dovrebbe aprire una lunga parentesi sullo status epistemologico del discorso eziologico. La faccio breve: il discorso eziologico è prescientifico in quanto non si può falsificare ma solo confermare. Non fa uso del principio logico del modus tollendo tollens, secondo cui se A implica B e si verifica non B allora A risulta falsificato e decade dalla teoria. Questa, tuttavia, è solo metà dell’argomentazione, la metà popperiana. Più radicale la seconda metà. Una teoria scientifica può essere buona anche se non è falsificabile, a patto che sia feconda di altre teorie scientifiche (il termine freudiano è fruchtbar). Per esempio il principio galileiano di inerzia, assolutamente infalsificabile per via empirica, si è dimostrato nachträglich – direbbe Freud – altamente scientifico, perché ha generato la scienza newtoniana e la generalizzazione einsteiniana.
Ma la psicanalisi freudiana era già nel 1926 diventata medica soprattutto in pratica; era diventata la pratica psicoterapeutica del curatore d’anime mondano (der weltliche Seelensorger), la quale era pur sempre appesantita dalle stimmate del discorso medico; infatti, come il discorso medico, giustificava la propria cura come esercizio della restitutio ad integrum. Secondo la Frage, la psicanalisi opera esattamente come la medicina, nel senso che riporta l’Io allo stato precedente alla rimozione infantile, consentendo di dominare i moti pulsionali a cui l’Io si era sottratto per debolezza evolutiva, forse addirittura per immaturità costituzionale. Solo molto tardi, in Costruzioni in analisi (1937), Freud riconoscerà che un percorso psicanalitico non approda necessariamente al ripristino di stati premorbosi, ma a nuovi stati soggettivi, non preiscritti nella biografia del soggetto, i quali hanno ciononostante rilevanti effetti terapeutici. Rivincita della sincronia sulla diacronia?
Chi crede a quella metapsicologia, fatta di pulsioni, meccanismi di difesa e regole linguistiche del processo primario, nonché a questa forma di terapia, è il freudista. Lasciamoglielo credere; non disturbiamo il suo sonno freudiano.
E il freudiano a cosa crede?
Il freudiano crede a due o tre assiomi, da cui si può derivare una psicanalisi scientifica. Sono gli assiomi originari della junge Wissenschaft freudiana, che lo stesso Freud con il tempo ha lasciato, in senso figurato, appassire.
Il primo assioma è ovviamente l’esistenza dell’inconscio, a patto di non intenderlo freudisticamente come assenza di coscienza o lacanisticamente come struttura puramente linguistica. L’inconscio è un sapere; a tutti gli effetti con l’inconscio siamo in epoca moderna – cioè cartesiana – dove il sapere viene prima dell’essere; ma è un sapere che neppure Cartesio seppe immaginare bene, perché è un sapere che non si sa di sapere. Come formalizzarlo? Un modo possibile è attraverso una logica epistemica. Tra le tante possibili il sottoscritto ci ha provato con soddisfazione con la logica intuizionista di Brouwer, che sospende il principio del terzo escluso (A vel non A) e la portata universale della doppia negazione esistenziale (non esiste uno che non non equivale a tutti). Ne derivano interessanti teoremi che mimano il comportamento della negazione freudiana che non sempre nega. Tipicamente, se non sai, allora sai (o meglio, saprai). Particolare interessante: quei teoremi si dimostrano “da soli”; non c’è bisogno di invocare la mitica pulsione di morte o la nietzscheana ripetizione dell’identico.
Il secondo assioma è la Urverdrängung, o rimozione originaria, intesa come luogo delle rappresentazioni che non diventeranno mai consce. La Urverdrängung è un modello dell’assetto moderno del sapere, che è essenzialmente incompleto. Lo testimoniano i teoremi di incompletezza di Gödel e il teorema di indefinibilità di Tarski: per il primo in ogni assiomatizzazione dell’aritmetica, se questa è coerente, esistono enunciati indecidibili, cioè né dimostrabili né confutabili; per il secondo in ogni assiomatizzazione della logica predicativa manca il predicato verità, che dica il vero sul vero e il vero sul falso.
Il terzo assioma riguarda il tempo logico, che sarebbe ormai meglio chiamare “tempo epistemico”, con buona pace dei lacaniani. In tedesco si chiama Nachträglichkeit, un termine intraducibile per dire quella cosa un po’ complicata per cui la verità di un enunciato – soprattutto di una negazione – non si può affermare subito, ma richiede tempo per formularsi. Grazie alla Nachträglichkeit, la logica epistemica è necessariamente una logica temporale.
Chi voglia attenersi a un Freud ridotto – ridotto a questi tre assiomi – è il freudiano che io chiamo “di giudizio”, perché sa distinguere la farina (scientifica) dalla crusca (medica) del sacco freudiano. Segni particolari? È un freudiano che non si fida delle traduzioni correnti di Freud e mette volentieri il naso nelle Sigmund Freud Gesammlte Werke. È un freudiano che non si precipita a trovare la causa di ogni fenomeno psichico; ammette anche fenomeni spontanei o causati da cause pensate per spiegare altri fenomeni. È un freudiano poco animato dallo spirito bellicistico di Freud, che amava parlare di conflitti, resistenze, censure e meccanismi di difesa. È un freudiano sensibile a fenomeni estatici, come li chiamava Elvio Fachinelli, o alla presenza di cause non facilmente riconducibili a concetti positivi.
Questo freudiano deve sapere – se non ne ha già fatto esperienza – che è destinato ad avere vita dura in ambienti freudisti, dove viene bollato come antifreudiano, eretico e ostracizzato dalla comunità, quando non viene citato in giudizio da qualche paziente, finito in paranoia postanalitica, o da qualche solerte collega psicologo per esercizio indebito della professione psicoterapeutica, se sbadatamente non è corso a iscriversi all’albo degli psicoterapeuti insieme agli altri colleghi ortodossi. Tuttavia, questi freudiani non freudisti – i veri psicanalisti laici – sono esistiti, esistono e forse continueranno a esistere. Ne ho appena citato uno, di cui ho recentemente celebrato le gesta in un numero di “aut aut” (il 352), intitolandolo proprio così: Elvio Fachinelli: un freudiano di giudizio.